Processo a Villa d’Este per l’operaio morto

Giudici e avvocati hanno celebrato l’udienza nel resort di lusso per studiare da vicino com’era imbragato il lavoratore precipitato

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di Paola Pioppi

Si è svolta all’interno di Villa d’Este, nel punto in cui era avvenuto l’infortunio, l’udienza del processo in corso davanti al Tribunale di Como per la morte di Ezio Pallais, operaio di 58 anni di Aosta, precipitato dalla parete di roccia che racchiude un lato del parco il 25 gennaio 2019. Una tragedia per la quale sono finite a processo quattro persone: i datori di lavoro Fabrizio Colombo, 43 anni di Prata Camportaccio della Ecoval, e Mauro Fiou, 61 anni di Aosta, il coordinatore della sicurezza Angelo Merlino, 57 anni di Cornegliano Laudense, provincia di Lodi, e il committente dei lavori del cantiere di Cernobbio, Danilo Zucchetti, 56 anni di Rho. Sono tutti accusati di omicidio colposo in concorso, in relazione all’adozione delle misure di sicurezza del cantiere: in particolare, il mancato uso della doppia fune e la predisposizione di una squadra di lavoro composta da almeno tre persone, una delle quali con mansioni di sorveglianza, ma hanno scelto di affrontare il processo dibattimentale per difendersi dall’accusa di responsabilità in quanto accaduto. Il processo ha alle spalle due udienza, ma la difficoltà di illustrare in modo esaustivo le caratteristiche tecniche del lavoro che stava svolgendo Pallais, e dello stesso luogo impervio su cui stava posizionando i fori di armatura per il fissaggio di una rete contenitiva, ha reso necessario un sopralluogo. Così il giudice Cristiana Caruso, assieme al pubblico ministero Maria Vittoria Isella, ai difensori degli imputati e al personale del Tribunale, ha allestito un punto di verbalizzazione e analisi delle attrezzature, esattamente sotto alla parete di una trentina di metri da cui era precipitato l’operaio. Rocciatore per conto della ditta Ecoval, quel giorno Pallais stava lavorando assieme a un collega, che era presente al sopralluogo e ha indicato con esattezza la sua posizione e quella della vittima.

L’ipotesi a cui erano giunte le indagini, era che la vittima si fosse affrancata a un unico punto di ancoraggio, senza indossare la protezione anticaduta che aveva in dotazione. Ma al di là di quanto contenuto negli atti, la ricostruzione svolta sul posto, è stata utilissima al processo, e ha consentito di fornire una fotografia esatta dei luoghi e del tipo di lavoro che si stava svolgendo, che i soli rilievi e la documentazione fotografica non erano in grado di rendere. Ora il processo prosegue a dicembre. La moglie e il figlio di Pallais, già risarciti in precedenza, non si sono costituiti parte civile.