Livigno, creatività a tavola: pasta secca dai mille gusti

Tutte idee di Arialdo Castellani. Un esempio? Penne alla Coca Cola

Arialdo Castellani nel suo negozio

Arialdo Castellani nel suo negozio

Livigno (Sondrio), 9 novembre 2019 - Per creare le sue paste colorate e divertenti, disposte come tessere di una grande scacchiera alle pareti del negozietto di via Ostaria 363 a Livigno, Arialdo Castellani, 49 anni, non utilizza polveri, addensanti, preparati. Solo farina di grano duro, estratto (da estrattore) di prodotti freschi, polpa essiccata e acqua di sorgente, non del rubinetto. Poi un pizzico di fantasia e voilà: ben 80 tipi di pasta secca che a dicembre diventeranno 100, per poi arrivare a 200.

A fianco ai tradizionali semola, saraceno, riso venere, segale, integrale, farro italiano e kamut canadese, troviamo, tra i tanti, pesca, mela e cannella, liquirizia, ginepro, anice, ben nove varianti al limone, Coca cola, Sprite, Chinotto, ma anche birra, Jack Daniel’s, Spritz, grappa al Barolo, questi ultimi molto apprezzati dai turisti (il 95% della clientela), soprattutto stranieri. Niente paura se siete astemi, «l’alcol per lo più evapora in cottura, lasciando solo un leggero retrogusto», spiega. Dal sapore intenso, invece, «quelle alla verdura e alla frutta». Nel suo laboratorio Castellani produce 240 km di pasta alla settimana in bassa stagione, con l’obiettivo di arrivare a 400, non di più: bisogna anche vendere e quando si impasta è difficile. Per questo si sfruttano i mesi morti. Aperta da due anni l’attività non ha ingranato da subito. «Solo dall’inverno produco queste paste colorate - aggiunge - Ero partito con la pasta fresca (fa anche i pizzoccheri 100% saraceno, con dimostrazione dell’impasto in diretta), poi pian piano ho imparato la tecnica dell’essiccazione».

Ma la sua storia, a onor del vero, nasce in pizzeria. Diventato pizzaiolo più per necessità che per passione, si è però subito distinto dal mucchio. «Non capivo perché nei corsi non spiegavano che la farina raffinata non è il massimo. Allora ho indagato per conto mio: nella primissima pizza, che nasce 60 anni prima della 00, don Raffaele usava solo farine grezze. Così ho fatto io. All’inizio perdendo un bel po’ di clienti, poi, con l’introduzione dei pizzoccheri 100% saraceno, il vento è cambiato». Ora ha affidato la pizzeria a un collaboratore e lui si dedica alla pasta. Prima solo fresca, tanti ravioli fatti in casa con le farine giuste e le uova di galline libere e felici, che però «non ha decollato». La clientela faticava ad apprezzare il gusto autentico, «talmente abituata a mangiare di bocca, non di pancia», precisa. Il pastaio non usa conservanti, additivi; «non metto pangrattato o preparati nei miei ripieni, solo materia prima fresca. A mano riesco a farne 2/3 kg all’ora, per questo il costo non può essere lo stesso dei prodotti industriali», precisa. Dalla fresca (che oggi prepara solo su ordinazione) è passato alla secca, ma anche in questo caso non sono mancate le delusioni: «l’essicazione è la cosa più difficile, il clima di Livigno non aiuta: mi è costato un anno di prove e oltre 2.000 kg di pasta». Demotivato pensava di mollare, finché, finalmente, ha trovato la giusta via. Poi si è inventato le paste colorate.

«All’inizio usavo le polveri ma, anche raddoppiando i quantitativi, non davano alcun sapore alla pasta. Con l’estrattore e l’essiccazione dell’ingrediente è arrivata la svolta». Per produrre le tipologie alla frutta e alla verdura sostituisce l’acqua di fonte con il succo estratto e aggiunge all’impasto la componente solida essiccata e triturata col macina caffè: «sono l’unico a farlo». Per la tipologia ai super alcolici, invece, sostituisce l’acqua con l’alcol. Sembrerebbero prodotti difficili da abbinare, invece «basta scegliere il sugo giusto». A quelle di verdura «inutile associare un condimento ricco, meglio qualcosa di fresco che faccia risaltare il sapore intenso della pasta». Del resto in cucina l’abbinamento è tutto.