Le antiche monete d’oro ritrovate ritornano (poche) ma nel 2023

Como, solo una minima parte del prezioso tesoro storico rinvenuto negli scavi sbarcherà sul Lario

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di Roberto Canali

Non arriveranno in città prima della fine del 2022, ma la data potrebbe slittare tranquillamente ai primi mesi del 2023, le monete d’oro ritrovate ormai tre anni fa nel corso dei lavori di demolizione dell’ex Teatro Cressoni.

Del tesoro di oltre mille pezzi, alcuni dei quali rarissimi, custodito per oltre 1.500 anni dentro un’anfora di pietra ollare sepolta nel luogo che secoli dopo sarebbe stato occupato dal palcoscenico della storica sala comasca solo una minima parte farà ritorno sul lago, non oltre una cinquantina di pezzi, meno del 2% patrimonio a cui per difetto si è attribuito un valore di 11 milioni di euro.

Quasi una beffa per il primo cittadino comasco, Mario Landriscina, che fin da subito si spese per riportare le monete in città, intravedendo a ragione l’occasione per organizzare un grande evento in grado di rilanciare l’immagine di Como non solo come città turistica, ma anche come luogo di cultura.

La Giunta a fine dicembre ha dato il via libera al progetto di recupero della Chiesa delle Orfanelle di via Balestra, al piano terra di Palazzo Lucini, parte integrande del Museo Civico ma i tempi di redazione del progetto e la necessità di ottenere il via libera da parte della Soprintendenza, con la supervisione del Ministero della Cultura, hanno reso l’iter ancora più complicato.

Fino a fine anno non se ne parla di rivedere il tesoro a Como e quindi il taglio del nastro toccherà al prossimo sindaco della città lariana.

Nell’attesa i comaschi potranno rifarsi gli occhi sul portale dell’Agenzia numismatica italiana che, prossimamente, pubblicherà sulla sua sezione online un ampio resoconto del ritrovamento con le fotografie di ognuno degli oltre mille pezzi ritrovati.

Un passo in più per scoprire il mistero del tesoro, coniato nel periodo degli imperatori Onorio, Valentiniano III, Leone I e Livio Severo, quindi non collocabile oltre il 474 d.c. e probabilmente appartenente a una cassa pubblica, un edificio che si trovava molto vicino al foro di quella che allora era Novum Comum, la cui funzione però finora era sfuggita agli archeologi.