
di Federica Pacella
Segnali di ripresa nel mercato del lavoro bresciano, con una netta prevalenza di contratti precari o flessibili: nel 2021, i nuovi avviamenti sono stati 160.663, con un saldo positivo per 8060 unità rispetto alle cessazioni. L’analisi che emerge dal Sistema informativo statistico lavoro (Sistal) della Regione, rileva un trend in crescita del 18,5% rispetto al 2020, quando gli avviamenti erano stati 135.587.
"Si tratta di un incremento rilevante – dichiara Filippo Ferrari, consigliere provinciale delegato al Lavoro - che acquista un significato ancora maggiore se consideriamo che le 160.663 persone avviate al lavoro in provincia di Brescia nel 2021 superano nettamente il valore registrato nel 2019 (149.201) con un incremento, rispetto all’anno che precede la pandemia, di 12.462 unità, pari al +8,3%. Anche tornando al 2018 lo scarto è netto: +12.705 persone avviate al lavoro, pari al +8,6%. È un rimbalzo positivo non di poco conto se consideriamo che il 2018 e il 2019 sono ancora anni di ripresa dell’economia locale dopo la crisi del 2009 e la flessione nel 2014". Il dato riferito agli avviati, cioè le singole persone, trova conferma anche considerando gli avviamenti al lavoro, ovvero le pratiche amministrative, che, in un mondo del lavoro sempre più precario, per alcuni lavoratori possono essere più di una nel corso del trimestre. E infatti il numero di pratiche è superiore a quello delle persone: 214.936 nel 2021, il 21,9% in più del 2020 ed il 9,9% in più del 2019. Per quanto riguarda i settori, la maggiore parte degli avviamenti si è registrata nel commercio e nei servizi alle imprese ed alle persone (il 54,5% del totale).
Poco più di un quarto (26,2%) ha riguardato le attività industriali, che registrano flussi in entrata nel mercato del lavoro più che dimezzati rispetto al terziario ma che, tuttavia, sono in crescita rispetto ai 40.141 del 2020. In calo rispetto al 2020, invece, i nuovi ingressi in agricoltura: sono stati 10.868 nel 2021 (5% del totale) contro i 12.396 dell’anno precedente (7% del totale). Quasi 23 sono stati a tempo determinato, a cui si aggiunge un 16,4% di lavoro in somministrazione, più i pochi contratti di apprendistato (solo il 4,2%) e i lavori a progetto (l’1,3%); solo il 19% ha avuto un contratto a tempo indeterminato. Nel 2021, così, per ogni pratica di avviamento al lavoro con contratti ‘permanenti’ ce ne sono state 3,2 relative a contratti flessibili o precari, con un peggioramento rispetto al 2020, quando il rapporto tra lavoro stabile e flessibile era stato di 1 ogni 2,9. Anche rispetto al 2019, si evidenzia una tendenza alla precarizzazione o flessibilità delle tipologie contrattuali.