
Eugenio Piasini (Orlandi)
Poggiridenti, 30 luglio 2017 - Tutto è iniziato fra i banchi del liceo Scientifico Donegani, a Sondrio. Interminabili giornate di studio animate da una passione rara per il calcolo e la ricerca. Con estrema naturalezza. Oggi, Eugenio Piasini, classe 1986, è entrato di diritto fra i membri della Comunità scientifica internazionale. Porta infatti anche la sua firma – soprattutto le sue puntigliose analisi – la ricerca condotta dall’Istituto italiano di Tecnologia di Rovereto (Iit) e dalla Harvard medical School di Boston. I risultati dell’indagine, che per la prima volta rivela come i gruppi di neuroni agiscano durante il processo decisionale, sono stati pubblicati il 19 luglio sulla rivista «Nature». Trentuno anni e un curriculum invidiabile. Qual è stato il suo percorso? «Mi sono diplomato al Donegani per poi studiare Fisica alla Bicocca di Milano e a Pavia. Ho conseguito il dottorato di ricerca in Neuroscienze allo University College di Londra e lavorato al centro per le Neuroscienze e i sistemi cognitivi dell’Iit. Negli ultimi due anni sono stato Visiting research fellow presso l’università di Harvard e, da novembre, proseguirò la mia attività di ricerca presso la University of Pennsylvania». Ed è già autore di una ricerca unica sull’interazione fra i gruppi di neuroni… «Abbiamo iniziato a lavorare alla ricerca dall’estate del 2015 per capire il modo in cui diversi gruppi di neuroni, collaborando fra loro, riuscissero a rappresentare e codificare le decisioni in tempi più lunghi rispetto a quanto non lo faccia uno solo. Gli esperimenti sono stati condotti su topi che, sulla base della provenienza di un suono, dovevano scegliere quale strada percorrere. Questo richiedeva loro del tempo per accumulare tutte le informazioni. Da qui siamo riusciti a risalire a come le popolazioni dei neuroni nella corteccia parietale posteriore, si influenzino notevolmente l’un l’altro, lavorando in modo cooperativo». Ma quali sono le possibili applicazioni della scoperta? «Si tratta di studi che aiutano a capire meglio i meccanismi alla base di funzioni complesse del cervello e che, eventualmente, potrebbero essere utili nella creazione di protesi neuronali. Ad esempio, conoscere il funzionamento dei neuroni della retina, in futuro, potrebbe servire alla creazione di una retina artificiale in grado di esprimere lo stesso codice che arriva al cervello, sia in termini di lettura che di scrittura. Lo stesso potrebbe valere per il controllo degli apparati meccanici, ad esempio, in caso di paralisi». Il suo impegno però non si esaurisce in laboratorio e, in Valtellina, è anche presidente dell’associazione «Gabriele Marveggio». Di cosa si tratta? «L’associazione si occupa di promuovere la cultura scientifica nelle scuole superiori della provincia di Sondrio, offrendo agli studenti occasioni di contatto e coinvolgimento attivo con il mondo accademico e della ricerca. Sono molto legato a questo progetto, nato in memoria del professor Marveggio. Era il mio docente di Fisica al liceo, una persona meravigliosa scomparsa molto giovane che, con il suo metodo d’insegnamento, poneva gli studenti al centro dell’apprendimento in modo da stimolarli. Ed è questa la filosofia che anima l’associazione: coinvolgere gli studenti e dar loro la possibilità di esprimersi nel corso dei nostri convegni».