MICHELE PUSTERLA
Cronaca

Coniugi uccisi a Zalende, la Svizzera archivia: "I colpevoli sono Cojocaru e Gatti"

Brusio, anche i magistrati elvetici alla fine dell’indagine parallela sposano la conclusione dei colleghi italiani

Il moldavo Ruslan Cojocaru, fra gli agenti di Polizia Penitenziaria

Zalende (Sondrio)  – La magistratura svizzera ha disposto l’archiviazione dell’inchiesta sul delitto di Zalende, l’uccisione a colpi di pistola dei coniugi Gianpiero Ferrari e Gabriella Plozza nel novembre del 2010 nella frazione di Brusio, vicino al confine con Tirano. Gli inquirenti elvetici non hanno individuato responsabilità riconducibili ad altre persone se non i due uomini riconosciuti colpevoli in via definitiva in Italia, ossia l’esecutore materiale, il moldavo Ruslan Cojocaru, oggi 41enne, e il 51enne Ezio Gatti di Castione, considerato il mandante, sempre proclamatosi innocente.

Ora, la magistratura di oltre confine ha emesso un "decreto di abbandono dell’indagine", decretando la fine dell’iter processuale avviato in terra elvetica parallelamente a quello della Procura di Sondrio. Gatti e Cojocaru furono arrestati il 24 settembre del 2011, quasi un anno dopo, al termine delle indagini dei carabinieri del Comando provinciale di Sondrio. Il valtellinese condannato a 23 anni per concorso “anomalo” nel duplice omicidio, la condanna è divenuta definitiva a inizio marzo 2018 con la conferma della Corte d’Appello di Milano, che ha rigettato il ricorso dell’avvocato Carlo Taormina e confermato la sentenza pronunciata in Assise a Sondrio.

Secondo i giudici fu lui a organizzare una sorta di “raid punitivo” mandando Ruslan Cojocaru, moldavo ex tenente della Polizia nel suo Paese, per tentare di recuperare denaro da marito e moglie con cui sarebbe stato da tempo in affari. Una missione poi degenerata, non per volontà di Gatti. E Cojocaru è stato condannato a 30 anni dopo che la Cassazione, a febbraio 2018, aveva rispedito a Milano la sentenza di 2° grado, e i togati lo hanno rigiudicato, ma unicamente per l’aggravante della crudeltà. La decisione dei giudici milanesi, a novembre dello stesso anno, cancellò l’ergastolo poiché esclusero l’aggravante della crudeltà, confermando la tesi che si trattò di un delitto d’impeto.