
Scheda verde (Jobs Act)
Il primo dei quattro referendum sul lavoro chiede la cancellazione della disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti introdotto nel 2015 con il Jobs act del governo Renzi, applicata a chi è stato assunto dal 7 marzo 2015 in poi in imprese con oltre 15 dipendenti. Si tratta della nuova tipologia di contratto che fissa diverse soglie di indennizzo economico, con l'aumentare dell'anzianità di servizio, da un minimo di 6 mesi fino ad un massimo di 36 mesi. La norma ha tolto il reintegro per la genericità dei casi e anche per alcuni licenziamenti illegittimi il reintegro. La possibilità che il giudice preveda il rientro al lavoro è comunque rimasta anche oggi nei casi di licenziamento discriminatorio (ad esempio per ragioni legate a opinioni politiche, religiose, fatto durante la maternità o intimato in forma orale) e in specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato. La Cgil, che è tra i promotori, calcola che gli occupati assunti dopo il 7 marzo 2015 - che quindi sono automaticamente inseriti nel contratto a tutele crescenti - sono oltre 3 milioni e 500mila, e aumenteranno nei prossimi anni. E sostiene che sono "penalizzati da una legge che impedisce il reintegro anche nel caso in cui il giudice dichiari ingiusta e infondata l'interruzione del rapporto". I contrari invece ritengono che cancellando le norme previste dal Jobs Act si torni al passato, irrigidendo il mercato del lavoro.