GABRIELE MORONI
Cultura e Spettacoli

Il furto alla Certosa diventa fumetto, il "supereroe" è il maresciallo La Torre

Filippo Tomassi racconta le indagini per trovare e arrestare i criminali che nel 1984 sottrassero il trittico in avorio della cattedrale pavese

Alcune tavole del fumetto

Alcune tavole del fumetto

Pavia - È mai accaduto a una persona vivente di essere protagonista di un fumetto? Viene in mente un nome: Buffalo Bill. E poi Primo Carnera, pugile-montagna, in una serie creata dall’editore e scrittore Tristano Torelli e dall’illustratore Mario Uggeri, uscita dal 1947 al 1950. La vita immaginaria del gigante italiano, campione mondiale dei pesi massimi, aveva già ispirato un altro personaggio a fumetti, Dick Fulmine. E i fumetti non potevano non impadronirsi delle imprese del ciclista più grande: Fausto Coppi. Casi rarissimi prima che dalla matita e dalla penna di Filippo Tomassi uscissero queste tavole: "Furto alla Certosa. Le indagini del maresciallo La Torre". Storia per immagini di uno dei più clamorosi furti d’arte del dopoguerra e delle indagini per ritrovare il capolavoro trafugato: il trittico in avorio della Certosa di Pavia.

Libero La Torre è un maresciallo (per la precisione un luogotenente) dei Carabinieri che oggi porta gagliardamente le sue oltre ottanta primavere. Pugliese del Foggiano, carabiniere per passione, vocazione, famiglia (quattro dei sette fratelli nell’Arma e due figli marescialli), veste la divisa a diciannove anni. Cinque anni di servizio in Calabria ed ecco l’incontro della vita, nel 1969, con la nascita del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Artistico. Fiuto investigativo, solida cultura, una passione per l’arte, estro camaleontico nelle missioni sotto copertura, diventa in breve una delle colonne del Nucleo.

Le 7 del mattino del 22 agosto 1984. Certosa di Pavia. I monaci cistercensi ammutoliscono: il trittico non c’è più. Dalla sacrestia vecchia sembrano essersi dissolte 63 delle 64 formelle con storie della vita di Cristo e della Madonna e scene dei Re Magi e 92 delle 93 statuine di Santi. Tutte in denti di ippopotamo.

L’opera più antica posseduta dalla Certosa, uscita nel ‘400 dalla bottega di Baldassarre degli Embriachi. Una scala in corrispondenza della finestra con la grata tagliata, un’altra all’esterno. Una trave. L’hanno portata i ladri per neutralizzare il sistema d’allarme, ma non ce n’è stato bisogno perché è fuori uso da anni. Entra in scena il maresciallo La Torre. Lavora per mesi con tre bravi brigadieri. Dall’abitazione di un trafficante esce una foto Polaroid del trittico.

Giunge la "dritta" che formelle e statuine sono state ripartite fra Napoli e Salerno. È il gennaio dell’’85. La pista è quella buona e il ritrovamento dei dieci pezzi in autostrada lo conferma. A Salerno viene identificato l’uomo che ha con sé la parte dell’opera che ancora manca all’appello. Possono essere eseguiti i 20 ordini di cattura firmati dal sostituto procuratore della Repubblica di Napoli, Ferdinando Cafiero De Raho. È la notte fra il 17 e il 18 ottobre 1985. In mattinata Nino Gullotti, ministro dei Beni culturali, il colonnello Gerardo De Donno, comandante dei Carabinieri della Tutela Patrimonio Artistico, e il tenente colonnello Pasquale d’Amicis, danno l’annuncio.