GABRIELE MORONI
Cronaca

Pavia-Stradella, la “guerra” delle Minerve

Disputa tra il capoluogo e il centro dell'Oltrepò sulla "vera" statua

La Minerva

Stradella (Pavia), 7 gennaio 2019 - Fra Pavia e Stradella sarà la “guerra” delle due Minerve? Nella cittadina dell’Oltrepò preparano la discesa in campo e non nutrono dubbi: la statua riemersa a Stradella, carica di storia millenaria, arrivata attraverso chissà quali peripezie, è la “vera” Minerva romana. Non quella (detto con il dovuto rispetto) di Pavia. Opera di Francesco Messina, solenne e imponente, le terga ostentatamente rivolte in direzione di Milano, giganteggia nel piazzale a cui dà il nome. Ma lo fa “soltanto” dal 1939.

È il 6 agosto del 1828. Tre operai sono al lavoro non distante dal ponte sul torrente Versa, costruito due anni prima. Cavano ghiaia dal greto del Versa da impiegare per il rifacimento delle strade. Sono loro a scoprire la statua. In bronzo, alta 71 centimetri, risale al I secolo d.C. Stradella è territorio sabaudo. Come è prassi consueta per i ritrovamenti archeologici, la scultura viene acquisita da re Carlo Felice di Savoia, che versa 2250 lire di allora: 250 ai ritrovatori e momentanei custodi della statua, 2000 al Comune di Stradella. La scultura parte per Torino e ci rimane. È esposta nel Museo di Antichità dei Musei Reali.

È lei, l’autentica Minerva romana. «Senza - dice Cinzia Montagna, giornalista e scrittrice - voler creare inutili quanto speciosi campanilismi, vorrei dire che quella di Stradella è una Minerva che riporta direttamente all’antica Roma. Insomma, una Minerva ‘storica’, che arriva direttamente da quel mondo. Vorrei dire una Minerva ‘vera’».

E la Minerva di Pavia? «Pavia – dice Alberto Arecchi, architetto, pavese doc e appassionato di storia della sua città – è conosciuta da chi arriva in treno come ‘la città della Minerva’ perché nell’ampio piazzale rotondo in cui si passa, vicino alla stazione ferroviaria, c’è una grande statua della dea romana con la scritta: ‘Pavia, memore delle glorie millenarie del suo Ateneo’... La dea Minerva non ha mai avuto nulla a che vedere né con le tradizioni culturali della città di Pavia, né con quelle della sua Università, che non ha mille anni di storia e neppure settecento. Il monumento pavese della Minerva armata di lancia e scudo sta per compiere 80 anni. Infatti, fu inaugurato il 22 gennaio 1939, alla presenza del ministro dell’Educazione nazionale, Giuseppe Bottai. L’Italia aveva aggredito la Spagna repubblicana e l’Etiopia, aveva già promulgato le leggi razziali e l’Europa stava per precipitare nell’immane tragedia della seconda Guerra Mondiale. L’immagine della dea Minerva fu scelta come simbolo della ‘romanità’, per unire l’amore per la sapienza (insegnamento universitario) e la bellicosità (libro e moschetto ...). A Francesco Messina fu commissionato il simulacro gigantesco di Minerva, da collocare all’ingresso della città, con la dedica ‘alle glorie millenarie dell’Ateneo’. La statua era destinata a dominare in chiusura la fredda prospettiva del viale dell’Impero, accesso monumentale ai nuovi quartieri ‘alti’. Un’opera non particolarmente bella dal punto di vista artistico... che per noi giovani era pur sempre un monumento al vigile urbano, per la posa a braccia aperte, tipica dei vigili che dirigevano il traffico agitando le braccia in mezzo agli incroci».

Cinzia Montagna lancia a Stradella il progetto di un’associazione culturale. Primo obiettivo: riportare a casa Minerva. «Una frase che ripeto spesso è che la bellezza è una cosa seria. La bellezza dei luoghi, dei monumenti, dei paesaggi, non è qualcosa di effimero, ma soprattutto è ciò da cui derivano la storia, le scelte e le necessità di chi è venuto prima di noi. La scultura della Minerva di Stradella non è soltanto bella. È un racconto in bronzo di una storia antica, ancora tutta da scoprire, e di una storia più recente, quella legata al suo ritrovamento nell’Ottocento. Perché tutto ciò assuma un senso è importante aprire un nuovo capitolo che la riguarda e scriverlo oggi. Scrivere una pagina dedicata al ‘ritorno’ della Minerva, in esposizione anche solo temporanea, significa parlare di una città e di un territorio attraverso i secoli, richiamare l’attenzione di visitatori e turisti, far muovere persone e idee: cioè fare cultura».