Processo Rocchelli, ambasciatore ucraino choc: "Vitaly prigionero politico"

Il diplomatico si dice sconcertato per la sentenza che ha condannato il militare a 24 anni. "Mancano prove"

Vitaly Markiv, condannato per l'omicidio di Andrea Rocchelli

Vitaly Markiv, condannato per l'omicidio di Andrea Rocchelli

Pavia, 15 luglio 2019 - Dopo la condanna in primo grado a 24 anni di carcere inflitta dalla corte d'assise di Pavia al militare ucraino Vitaly Markiv, ritenuto colpevole della morte del fotoreporter italiano Andrea Rocchelli ucciso nel 2014 nel Donbass, l'Ambasciatore ucraino a Roma Yevhen Perelygin ha diffuso un comunicato in cui esprime il proprio "sconcerto" per una sentenza che "cerca un colpevole, non il vero colpevole". "Ad aggiungersi alle decine di prigionieri politici ucraini in Russia adesso abbiamo anche un prigioniero politico ucraino in Italia" scrive il diplomatico, che sottolinea come "durante le diciassette sedute l'accusa non ha presentato alla Corte alcuna prova certa e inconfutabile a dimostrazione di una qualsiasi responsabilità di Vitaly Markiv per la morte del fotoreporter Andrea Rocchelli, né del fatto che gli spari che hanno ucciso Rocchelli provenissero dall'esercito ucraino".

"E' inspiegabile il motivo per cui i Giudici della Corte di Pavia si sono rifiutati di considerare l'ultimo video di Andrea Rocchelli (girato alcuni istanti prima della sua morte Ndr) dove si distinguono molto bene gli spari a lui vicini e dove gli accompagnatori di Rocchelli si sentono parlare in russo di 'fuoco incrociato' e di un 'mortaio che sta vicino', mentre in quegli stessi istanti Vitaly Markiv si trovava sulla collina all'incirca di due chilometri di distanza", continua il comunicato. "Altrettanto sconcertante è il fatto che i giudici di Pavia non abbiano voluto esaminare con la debita attenzione il taxi in cui stava Rocchelli, crivellato da colpi di arma da fuoco con fori d'uscita sul tetto e fori d'entrata alle portiere, che prova come gli spari al veicolo provenivano dal basso e non dall'alto" prosegue l'Ambasciatore notando come "questi fatti incontrovertibili dichiarano alle persone ragionevoli come a sparare furono i separatisti filo-russi".