"L’aria era tesa, uscire faceva paura"

Vittorio Scolè ha lasciato l’Accademia di San Pietroburgo prima del diploma ed è tornato a Bressana

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di Manuela Marziani

Il suo sogno era diventare un ballerino professionista. E ce l’ha fatta. Non è riuscito però a portare in scena gli spettacoli di fine anno Vittorio Scolè, ha dovuto lasciare prima l’Accademia Vaganova di San Pietroburgo che stava frequentando. Partito da Bressana per studiare in una scuola molto prestigiosa, il ventenne dopo quattro anni di studi avrebbe voluto fermarsi in Russia a lavorare almeno per qualche anno, invece la guerra ha sconvolto i suoi piani e gli ha fatto preparare le valigie per tornare a casa.

"Ora inizierò a fare audizioni – ammette il giovane stringendo in mano il libretto della scuola che ha frequentato, dove viene riportata la storia della Vaganova e alcune preziose indicazioni per gli allievi che non conoscono il russo – e cercherò altre compagnie europee o americane. Mi mancavano alcuni mesi all’ottenimento del diploma, ma fortunatamente i miei insegnanti hanno capito e me lo spediranno a casa".

E da Bressana dovrà rimettersi alla ricerca di un’opportunità, anche se in Russia aveva già ricevuto delle proposte. "Mantengo i contatti – dice Vittorio – perché spero di poterci tornare presto, appena questa difficile situazione sarà finita". Gli ultimi giorni trascorsi a San Pietroburgo per Vittorio sono stati molto difficili. "Noi abbiamo sempre lavorato, ma si percepiva che qualcosa non andava. Tutti i giorni e a tutte le ore c’erano delle manifestazioni. Non ho mai visto una città così transennata e piena di polizia per le strade. Improvvisamente l’aria era cambiata e anch’io avevo qualche timore a uscire. Si capiva che bisognava stare attenti".

Senza Internet, che per un giovane rappresenta l’ossigeno, anche Vittorio viveva un po’ isolato, ma quando sentiva i suoi genitori che erano molto preoccupati, riusciva ad avere tutte le notizie. "Ci dicevano di correre a prelevare del denaro perché poi non lo avremmo potuto più fare – aggiunge il ballerino – e, affrontando una fila interminabile al bancomat, sono andato a prelevare dei rubli di cui adesso non so che cosa farmene perché nessuno me li cambia e sono circa 300 euro".

Sorride Vittorio, forse pensa a come potrà tornare a spendere quei soldi in futuro. "Ho lasciato le amicizie, le persone che ho conosciuto e una città meravigliosa – conclude – ma ci ho guadagnato nel cibo, quella russa non è la mia cucina. E poi c’è la lingua che ho studiato tutti i giorni perché tra ballerini internazionali si può parlare inglese, gli insegnanti però non ti vengono incontro, devi parlare russo. Comunque se non ci fosse la guerra, tornerei subito".