Un nuovo studio condotto da Fondazione Mondino, Università di Pavia, Ceinge di Napoli e Università della Campania “Vanvitelli“ coordinato dalla professoressa Enza Maria Valente ha identificato un possibile biomarcatore diagnostico della malattia di Parkinson, tra le più comuni malattie neurodegenerative, e sempre più diffusa soprattutto a causa dell’invecchiamento della popolazione. Una patologia cronica e molto debilitante che spinge la ricerca a concentrarsi su due elementi: la predizione, utile per la fase di diagnosi, e le strategie terapeutiche, ancora non del tutto efficaci. La ricerca ha consentito di identificare un biomarcatore della malattia, ovvero un indicatore che può aiutare a distinguere i soggetti malati da quelli sani. Si tratta della D-Serina, un aminoacido che già in precedenti studi condotti su modelli animali aveva rivelato il suo potenziale ruolo nella patogenesi della malattia di Parkinson e altre malattie neurodegenerative. Questo studio ha dimostrato che i livelli di D-Serina nel sangue aumentano nei pazienti con malattia di Parkinson in modo correlato all’età: se la concentrazione di questa sostanza nel sangue è alta, i sintomi si manifestano più tardivamente, al contrario se sono bassi, i sintomi compaiono prima. E’, inoltre, emersa anche una differenza tra sessi, le pazienti di sesso femminile avevano livelli più alti di D-serina rispetto ai controlli sani, mentre non vi erano differenze evidenti nei soggetti di sesso maschile. M.M.
CronacaIndicatore del Parkinson scoperto grazie a uno studio