
Il punto Snai dove si era consumata l'aggressione
Voghera (Pavia), 7 aprile 2018 - Giuseppe Dimasi è stato condannato per l’accoltellamento del dicembre 2014 a Voghera. Ieri, i giudici del Tribunale di Pavia hanno stabilito per il collaboratore di giustizia trentenne la pena di un anno e due mesi di reclusione. Dimasi dovrà anche versare una provvisionale da 5.000 euro alla parte civile, il muratore F.M., ferito nell’aggressione. Attualmente, il trentenne di origine calabrese si trova recluso al carcere di Opera per le vicissitudini seguite all’inchiesta Lex, che nel 2016 aveva portato al suo arresto e allo smantellamento della ramificazione in Nord Italia della cosca di Laureana di Borrello. Dimasi è ritenuto il braccio destro del boss Marco Ferrentino, l’anno scorso ha scelto di collaborare con gli inquirenti. Mentre la vicenda giudiziaria per le contestazioni relative ai suoi presunti legami con la ‘ndrangheta è ancora in corso, si è conclusa in primo grado quella che riguarda l’accoltellamento di F.M..
Un'aggressione maturata nell’ambito di motivi passionali e familiari, di cui è stata trovata traccia dagli investigatori anche nelle intercettazioni telefoniche durante le indagini per l’operazione Lex. Dimasi aveva accoltellato il muratore di fronte al punto Snai di viale Montebello a Voghera, perché lui aveva colpito la ex moglie, attuale compagna del fratello del collaboratore, Pasquale. A raccontare la sua versione dei fatti, ieri è stato lo stesso Dimasi, che in aula ha rilasciato spontanee dichiarazioni, accusando F.M. di aver compiuto "atti intimidatori verso mio fratello e la sua compagna". Un giorno, F.M. avrebbe "atteso che la sua ex moglie scendesse di casa, per poi darle un pugno. È dimostrabile anche dalle intercettazioni, in cui mio fratello mi racconta. Io ho pensato non si poteva più andare avanti con queste tarantelle".
Così Dimasi ha spiegato di aver voluto incontrare con un amico comune F.M., per parlargli. I toni da subito si erano però fatti accesi: "Posso anche capirlo si trattava della sua ex moglie e si alterava e si rivolgeva in modo aggressivo e arrogante nei miei confronti – ha ricordato il trentenne vogherese –. Io mi sono allontanato più volte, poi lui mi ha lanciato dietro una sedia". Così è sorta una scazzottata: "Per mia abitudine lavorando nei cantieri avevo un coltellino che usavo per tagliare le staffe dei bancali dei mattoni. L’ho colpito due volte mi sembra. Mi sono sentito troppo preso in quel momento, lui è più grosso di me. Non pensavo di averlo colpito in punti magari vitali, non avevo intenzione di ucciderlo. Dissi all’amico di chiamare i soccorsi, io mi sono presentato direttamente in caserma a spiegare tutta la situazione". Durante la deposizione, Dimasi ha raccontato che mentre era detenuto e avevano scarcerato il fratello, anch’egli finito nei guai per l’operazione Lex, F.M. si era recato sotto casa "a minacciarli, a dirgli mafiosi". Dimasi era stato portato a processo per tentato omicidio, ieri il reato contestato è stato derubricato a lesioni aggravate.