MANUELA MARZIANI
Cronaca

Pavia, trent'anni fa il crollo della torre: "Io fui miracolato"

A trent'anni dalla tragedia che fece 4 morti e una ventina di feriti, l'impiegato racconta: mi salvai perché dovevo andare dal titolare al piano superiore

Una veduta del Duomo con il moncone della torre

Pavia, 12 marzo 2019 - Sono passati quasi 30 anni da quel 17 marzo che lasciò senza parole la città. Erano le 8.55, quando improvvisamente la Torre civica che si trovava in piazza Duomo crollò provocando più di venti feriti e la morte di quattro persone. Sotto le macerie rimasero due ragazze di San Genesio, Adriana Uggetti di 18 anni e Barbara Cassani di 17 anni, l’edicolante di piazza Duomo Giuseppina Comaschi e il ristoratore Giulio Fontana. Incuria, errori di progettazione, cambiamenti climatici: subito dopo il crollo gli esperti si interrogarono sulle motivazioni di quella tragedia. E aprirono una discussione sull’opportunità o meno di una ricostruzione. Alla fine si optò per una “ricostruzione virtuale” attraverso fasci di luce che durò molto poco. Perché c’erano ragazzi che camminavano sui resti delle mura facendo cadere pezzi di mattoni e altri che buttavano all’interno del perimetro lattine di birra. Così quella ferita aperta di Pavia continuava a sanguinare. In attesa della cerimonia di commemorazione, vogliamo ricordare il crollo con serie di servizi che ci accompagneranno fino a domenica. 

Quasi un miracolato. Se quella mattina del 17 marzo Carmelo Nola non avesse dovuto andare al piano superiore dal titolare dello studio, avrebbe perso la vita. Ne ha avuto immediatamente la consapevolezza e, ogni anno, con l’approssimarsi della data del crollo, quel ricordo racchiuso in un cassetto della memoria, riaffiora. «Allora – racconta Carmelo Nola – lavoravo nello studio di commercialisti Pagani che era stato da poco ristrutturato e si trovava su due piani. La stanza che condividevo con una collega era al piano inferiore, ma proprio nel momento del crollo entrambi avevamo dovuto andare dal titolare al piano sopra. Ci siamo salvati così. L’ufficio del titolare non ha subito alcun danno, della nostra stanza è rimasta la parete più lontana da piazza Duomo. Per il resto non c’era più nulla. Ricordo una fotografia scattata subito dopo la tragedia nella quale si vede una cassettiera che si trovava nella nostra stanza rimasta su un piccolo pezzo di pavimento aperto».

Tra le vittime però non ci sono suoi colleghi.

"No. Soltanto una ragazza è rimasta sotto le macerie, ma è stata estratta viva. Non ha riportato ferite molto serie. A noi è andata veramente bene".

Ripensa mai al rischio enorme che ha corso?

"Per diverso tempo ho pensato a quello che sarebbe potuto accadere. Poi ho smesso di farlo, la mia vita è continuata. Ho cambiato studio, mi sono messo in proprio. E la collega con la quale ero salito dal nostro datore di lavoro in quella mattina, adesso collabora con me".

In quel 17 marzo avevate capito che cosa stesse accadendo?

"Al momento non lo abbiamo compreso. Sembrava un terremoto. Abbiamo sentito un rumore molto forte e poi il disastro. Per diverso tempo dopo il crollo ho associato qualunque rumore molto forte che sentivo alla tragedia che avevo vissuto. E lo stesso è accaduto a molte altre persone che si trovavano a Pavia quel giorno. Poi piano piano mi sono abituato. Adesso non mi capita più".-

Quando vede il moncone della torre rivive quanto accaduto in quella mattinata terribile?

"Ora no, mi sono abituato anche a quello. Ho superato. Talvolta mi viene in mente, ma diciamo che la ferita si è rimarginata. Per andare avanti non potevo fare altrimenti, non dico d’aver dimenticato, ma ho riposto il ricordo e sono andato oltre".

Che immagini conserva di piazza Duomo prima del 17 marzo 1989?

"Era uno dei luoghi più frequentati della città. Era un punto nevralgico importante".

Per anni si è dibattuto sull’opportunità o meno di ricostruire la torre, lei cosa ne pensa?

"Non doveva essere ricostruita. Non ne valeva la pena, non ce n’era alcuna necessità. Personalmente non ho mai ritenuto fosse una grande idea ricostruire la torre. Era bella per chi l’apprezzava, un simbolo della città, ma non avrebbe mai potuto essere rifatta come prima, quindi tanto valeva".

Il moncone, però, talvolta viene trattato con poco rispetto.

"Esattamente come altre bellezze di Pavia. Purtroppo non c’è rispetto per i monumenti. A trent’anni di distanza dal crollo, poi, per molti purtroppo quel moncone non ha alcun valore: non erano nati quando c’era la torre. Toccherebbe ai loro genitori raccontare che cosa significa, ma chissà se lo sanno".