Cartilagine riparata con l'aragonite: al Città di Pavia il primo intervento in Italia

La dottoressa Francesca de Caro ha sfruttato le proprietà del minerale e impiantato uno speciale dispositivo su un 58enne e un 27enne

La dottoressa Francesca de Caro

La dottoressa Francesca de Caro

Pavia, 13 settembre 2022 - E' contenuto nell'aragonite, un minerale costituto da carbonato di calcio presente in natura sotto varie forme, come ad esempio in conchiglie e coralli il segreto per riparare le lesioni cartilaginee del ginocchio e contrastare gli stati artrosici allo stadio iniziale. La dottoressa Francesca de Caro, chirurgo ortopedico all’Istituto di Cura Città di Pavia (Gruppo San Donato) dell’équipe del dottor Emanuele Caldarella, responsabile della chirurgia ortopedica mini invasiva, ha sfruttato le proprietà di questo minerale, che presenta la stessa porosità dell’osso, impiantando uno speciale dispositivo di aragonite, biocompatibile e biodegradabile, in grado di rigenerare la cartilagine e l’osso degenerati a causa dell’usura, dell’avanzare del tempo o di particolari patologie.

"La cartilagine non ha la possibilità di rinnovarsi in maniera autonoma, pertanto, senza un intervento esterno, con procedure chirurgiche o di medicina rigenerativa, la lesione tende a progredire fino a degenerare in artrosi e, nel tempo, può rendersi necessario l’inserimento di una protesi" sottolinea la dottoressa de Caro. A sottoporsi all’intervento, per la prima volta in Italia dopo l’approvazione del device da parte della Fda, due pazienti: un uomo di 58 anni, con un’artrosi di ginocchio allo stadio iniziale e un giovane di 27 anni con una lesione cartilaginea della troclea femorale.

Il posizionamento del device, nato in Israele, richiede un intervento chirurgico in miniopen e una notte di degenza. Il cilindro di aragonite, del diametro non più grande di una moneta da 10 centesimi, viene posizionato chirurgicamente all’interno della lesione cartilaginea, in una sede opportunamente ricavata nel tessuto osteocondrale, e a contatto con l’osso del paziente, fornisce una struttura tridimensionale per le cellule staminali e ne permette la differenziazione in osso e cartilagine, che andranno quindi a compensare il deficit venutosi a creare, con risultati visibili in pochi mesi.

Non è necessario rimuovere chirurgicamente il cilindro poiché viene completamente riassorbito dall’organismo. "Si tratta di procedura sicura, che non presenta quindi rischi maggiori rispetto a un comune intervento chirurgico" afferma la dottoressa de Caro. "L’intervento è in anestesia spinale e ha una durata di circa 40 minuti. Il paziente resta in ospedale una sola notte e poi viene rimandato al domicilio con l’indicazione alla riabilitazione. Non vi sono particolari controindicazioni alla procedura e gli effetti collaterali non sono diversi da quelli di un normale intervento. Non vi è poi il rischio di rigetto e la percentuale di successo della procedura è molto alta, ovvero pari al 93% a due anni”.