MANUELA MARZIANI
Cronaca

Pavia, la storia di Bruno: a 94 anni rema sul Ticino

Tutte le mattine percorre tre chilometri lungo il corso d’acqua con la sua barca “Dome”

Bruno Pucci, 94 anni, a bordo della sua imbarcazione sul Ticino

Pavia, 4 novembre 2018 - Scherzando, dice che ha imparato prima a remare che a camminare. Ma non poteva fare altrimenti Bruno Pucci. È nato alla “Battellieri Colombo” dove il padre, un toscano emigrato a Pavia faceva il custode e, dalla palazzina che si trova sul lungoticino inaugurata nel 1921, non è mai davvero uscito. Classe 1924, Pucci tutte le mattine dalla primavera all’autunno prima delle 9 parte da Santa Teresa dove abita con la moglie, Wanda Belloni, e va a remare sul Ticino: dall’idroscalo al ponte Coperto, quindi indietro fino al ponte del metano e ritorno. Totale: 3mila metri senza mai fermarsi. «Il fiume è la mia vita - racconta Bruno Pucci, che fino a pochi giorni fa, approfittando di un’estate prolungata, ha remato ancora -. Uso sempre la stessa barca, la Dome che come altre imbarcazioni della cooperativa, è dedicata a un socio deceduto, sulla quale ho un sedile scorrevole. In questo modo tengo in allenamento tutti i muscoli, un po’ come accade nel canottaggio». Vogare tonifica, rigenera. Io arrivo alla casa galleggiante, passo un’ora in barca e quando torno, sto meglio».

Com’è nata la sua passione?

«Mio padre costruiva barche. Aveva un piccolo laboratorio dietro all’attuale palazzo Esposizioni, dove ora si trova il campo nomadi. Andavo ad aiutarlo, così ho imparato a remare a 6 anni. Sono andato in barca con mio padre fino a Pontelagoscuro, una frazione di Ferrara e ho anche remato dal lago Maggiore a Pavia».

Suo padre ha mai costruito una barca da gara anche per lei?

«Non potevo gareggiare, avevo un fisico troppo esile; facevo la quarta voga. Allora il collegio Borromeo teneva alla Battellieri Colombo le sue barche, ma la competizione era notevole. Portavano in barca soltanto gli studenti e volevano i più forti per vincere contro il Ghislieri. Io ho corso 12 o 13 raid Pavia-Venezia con le imbarcazioni che mio padre realizzava per la motonautica. Ero un pilota della classe sportiva C1 e sono anche riuscito ad ottenere un terzo posto ai campionati europei degli anni ‘50».

Non ha voluto continuare la tradizione di suo padre, non ha costruito barche?

«No, ho preso un’altra strada: ho fatto il disegnatore alla Necchi poi ho aperto un ufficio per conto mio. Ma da ragazzo facevo il tassista. In barca, ovviamente. Tutte le mattine andavo a prendere le ragazze che lavoravano alla Snia Viscosa e le portavo in fabbrica in modo da evitare che facessero tutto il giro della città».

Durante l’inverno si allena ugualmente?

«Una volta alla Battellieri della quale sono socio dal 1951, avevamo una vasca e vogavamo anche al chiuso. Ora non c’è più, devo aspettare la primavera».

In famiglia altri condividono la sua passione?

«Ho tre figlie, Paola, Elena e Marta, sei nipoti, Maurizio, Camillo, Lady, Giorgio, Viola e Alice, ma nessuno ha questa passione. Non sono riuscito a trasmettergliela».