Stefano D’Errico, dall’oratorio al Chelsea

La favola del 30enne brianzolo assunto dai campioni d’Europa

Stefano D’Errico, 30enne desiano

Stefano D’Errico, 30enne desiano

Desio (Monza Brianza) - ​Si può partire organizzando il torneo dell’oratorio sotto casa e arrivare, in una manciata d’anni, a lavorare per il club campione d’Europa, a 1300 chilometri di distanza? Si può. Soprattutto se ti spinge il motore della passione, con un carburante fatto di studi, intraprendenza e competenze. Per capire come, basta chiedere a Stefano D’Errico, 30enne desiano protagonista di questo affascinante viaggio.

Appena selezionato e assunto dal Chelsea, dove si occupa di organizzare i progetti di inclusione ed educazione, attraverso il calcio, nelle scuole di Londra. Una vera e propria missione la sua, già sperimentata negli ultimi anni lavorando per l’Arsenal. E che adesso lo ha visto fare un ulteriore salto di qualità, come club e come ruolo in campo. "Dopo vari anni con l’Arsenal ho iniziato a maturare l’idea che potesse essere interessante fare esperienza in un altro club – racconta Stefano, partito dall’oratorio San Pio X, passato attraverso gli anni da allenatore all’Aurora Desio e la laurea in Scienze Motorie alla Statale -. Ambendo, perché no, ad un ruolo con maggiori responsabilità. Ho fatto vari colloqui e con il Chelsea è andato bene. Il ruolo si chiama Schools Education Coordinator: mi occuperò di promuovere progetti e attività di stampo educativo attraverso il calcio nelle scuole primarie e secondarie del territorio, come parte del più ampio impegno della Fondazione benefica del Chelsea".

All’ombra del Big Ben è ormai da sette anni. Non è stato tutto rose, fiori e gol, specialmente all’inizio: ci sono stati tanti sacrifici, le rinunce, gli affetti lontani. "Sono arrivato per fare un corso di specializzazione in “Physical Education & Football in the Community Coaching“ con l’Arsenal – spiega -. Doveva essere una ‘toccata e fuga’ e invece sono ancora qui". L’oratorio, l’Aurora Desio, ma anche le successive esperienze di stage al Monza e all’Enotria, centro di formazione Inter, sono ormai lontane: ma tutte hanno contribuito a formarlo, a farlo crescere. "Con i Gunners – dice - ho lavorato per il dipartimento che si occupa di realizzare progetti educativi e sociali per la comunità, oltre che allenare squadre maschili e femminili. Arrivato a Londra non avevo idea di cosa potessero fare i club al di là dell’aspetto puramente agonistico. Quando invece ho scoperto di questo ‘calcio per la comunità, me ne sono subito appassionato, perchè rispecchia bene il mio background e la mia personalità".

In questi anni ha quindi creato vari progetti che unissero il calcio a temi come l’educazione, il benessere, la partecipazione, l’ambiente, "un’esperienza unica di cui sono davvero molto grato e orgoglioso", dice. Poi, il Chelsea. Ma non solo: anche Community Soccer Report: "Da quando ho iniziato a scoprire di tutto questo mondo ho iniziato a chiedermi se in Italia esistesse qualcosa di simile - racconta -. Poco o nulla e sporadico. Da qui l’idea di creare insieme a Valentino Cristofalo, ragazzo romano appassionato come me di questi aspetti, quella che al momento è una piattaforma di contenuti legata ai temi della responsabilità sociale nel mondo del calcio". Contenuti da valorizzare e condividere. Ma anche vere e proprie ricerche sul settore, "data la carenza informativa sull’argomento, cerchiamo infatti di agire da vero e proprio osservatorio attraverso la realizzazione di studi e analisi specifici".

Il report annuale sulla Responsabilità Sociale in Serie A realizzato da Stefano e Valentino è già diventato riferimento unico per gli addetti ai lavori. E iniziano a fioccare le richieste e le collaborazioni con club professionistici e dilettantistici. "A breve tra l’altro usciremo con un progetto editoriale sul tema della responsabilità sociale tra i calciatori professionisti", anticipa il giovane brianzolo. "Io credo nella natura più intrinseca del calcio, quella sociale – sorride -, come forma di aggregazione, benessere o partecipazione. E sogno un giorno di poter fare in Italia, ciò che adesso faccio a Londra, lavorando e magari coordinando questo genere di progetti".