
Tempi amari per il marchio fondato in città nel 1940 da Giuseppe Perego, ex disegnatore delle acciaierie Falck, e diventato negli anni Sessanta uno dei testimoni più importanti dello stile italiano nel mondo
Arcore (Monza e Brianza), 5 giugno 2025 – In autunno gli ammortizzatori saranno finiti e dei 104 esuberi annunciati a ottobre 90 si trasformeranno in licenziamenti. Il 40% del personale, oggi nella storica sede di Peg Perego accanto al cavalcavia della stazione ad Arcore sono infatti al lavoro in 237. I superstiti dei tempi d’oro, quando in servizio c’era il doppio del personale. L’altro ieri l’annuncio dell’azienda dei passeggini ai sindacati, una doccia fredda nonostante la crisi vada avanti da anni. Ieri si sono svolte le assemblee con i lavoratori.
"Situazione delicata”
“La procedura non è ancora aperta, è una situazione delicata, in evoluzione, serve prudenza”, dice Gloriana Fontana della Fim-Cisl Brianza. Nei reparti delusione e rabbia. “Il 2025 non è cominciato nel migliore dei modi”, aggiunge la sindacalista. Secondo l’azienda a pesare ci sarebbero anche i dazi di Trump, “ma le difficoltà sono cominciate prima del Covid”, ancora Fontana. Qualche mese fa i metalmeccanici avevano chiesto aiuto alla Regione per un piano industriale sostenuto da investimenti pubblici “a supporto del Made in Italy per l’innovazione di processo e di prodotto da sviluppare nello stabilimento brianzolo, la sola ricetta per difendere l’occupazione”.

Una storia italiana
Ma i numeri corrono più veloci delle manovre di salvataggio, il fatturato è lo specchio delle difficoltà, nel 2023 è sceso a 55 milioni: -23%. E così è corsa contro il tempo per dare un futuro al marchio fondato in città nel 1940 da Giuseppe Perego, ex disegnatore delle acciaierie Falck. In pochi anni Peg è diventata uno dei testimoni più importanti dello stile italiano nel mondo anche grazie a una forte spinta all’innovazione. Fu la prima azienda del Paese a utilizzare il tessuto gommato al posto della lamiera e dei vimini allora in uso per fare viaggiare i bambini.
Il boom degli anni Sessanta
L’espansione seguì da vicino quella di una società giovane che, uscita dalla guerra sulla spinta di un benessere più diffuso, riprese a fare figli con fiducia nell’avvenire. Il picco delle nascite fra il 1962 e il 1965 prima che i precoci venti di una crisi economica mai finita del tutto cominciassero a spirare, fecero da volano alle vendite. Oggi il quadro è l’opposto, inverno demografico, concorrenza cinese spietata e guerra commerciale. La sfida è sempre più difficile.