MONICA GUZZI
Cultura e Spettacoli

Marco De Paolis, il procuratore che ha aperto l’armadio della vergogna: “Stragi nazifasciste, la mia mostra è per i giovani”

Da mercoledì 10 settembre a Monza l’esposizione “Nonostante il lungo tempo trascorso...”: “Chi arriva qui, si fa la sua lezione da solo sull’accaduto. Questo è quello che l’uomo produce, purtroppo, anche oggi”

“Nonostante il lungo tempo trascorso...”: il curatore della mostra Marco De Paolis, procuratore generale militare alla Corte Militare di Appello di Roma

“Nonostante il lungo tempo trascorso...”: il curatore della mostra Marco De Paolis, procuratore generale militare alla Corte Militare di Appello di Roma

Monza – Una vecchia bambola senza un braccio sigillata in una teca, vicina a una sveglia bloccata sulle 6.52, l’ora in cui il tempo si è fermato a Sant’Anna di Stazzema. Era la compagna di giochi della piccola Franca Maria Gamba, una delle 360 vittime dell’eccidio del ’44. Ora è alla Villa Reale, tappa di una mostra che sta viaggiando molto per l’Italia e che si prepara a sbarcare in un’Europa sempre più preoccupata dagli scenari di guerra del presente. Per lanciare, sotto l’egida dello Stato maggiore della Difesa e della Procura generale militare, un messaggio di pace al mondo facendo giustizia degli orrori del passato.

Nonostante il lungo tempo trascorso... Le stragi nazifasciste nella guerra di Liberazione 1943“. È questo il titolo evocativo della mostra curata da Marco De Paolis, procuratore generale militare alla Corte Militare di Appello di Roma. Fu lui a dare inizio nel 2002 alla grande stagione dei processi legati al rinvenimento nel 1994 a Roma del cosiddetto “armadio della vergogna”. Dentro c’erano 695 fascicoli nascosti sulle stragi nazifasciste: una scoperta che ha permesso di fare giustizia 50 anni dopo sulle principali stragi dei nazifascisti in Italia dopo l’armistizio, da Civitella a Marzabotto (200 e 200 vittime), attraverso 57 condanne all’ergastolo.

Procuratore, partiamo dal titolo: quanti messaggi evoca?

““Nonostante il lungo tempo trascorso“ è l’incipit del provvedimento di archiviazione provvisoria con il quale nel 1960 vennero illegittimamente occultati i 695 fascicoli e sta a evidenziare lo sforzo e l’impegno della magistratura militare di oggi che, nonostante il lungo tempo trascorso, a partire dal 1996 ha riscattato le buie pagine degli anni Sessanta, svolgendo con onore e passione il proprio dovere, istruendo centinaia di procedimenti e celebrando 24 processi benché fossero trascorsi tanti anni dai fatti, nel tentativo di assicurare oggi quella giustizia che fu negata allora a decine di migliaia di cittadini”.

Quanto è stato difficile in quegli anni, partendo dall’attività di procuratore militare capo a La Spezia, “aprire l’armadio“?

“Tutte le altre procure militari avevano interrotto le indagini sulla base dell’idea che ormai fossero tutti morti. In realtà le persone erano vive, le prove c’erano. Abbiamo creato una struttura nuova, eravamo solo due magistrati e non avevamo nemmeno un ufficio di polizia giudiziaria. Invece... In 16 anni ho interrogato 1.200 persone”.

La mostra è pronta per fare il salto all’estero. Dove andrà?

“È già stata a Francoforte, presto andrà a Ginevra alle Nazioni Unite, poi a Berlino. Ci sono contatti anche col Canada”.

Questa mostra parla soprattutto ai giovani e alle scuole. Cosa vuole lasciare loro?

“La mostra nasce da un’idea del Capo di Stato Maggiore della Difesa, il generale Enzo Vecciarelli che, raccogliendo la mia proposta per costituire un centro di documentazione con il materiale raccolto, propose un percorso culturale e di recupero della memoria. Si rivolge ai giovani. Chi arriva qui, si fa la sua lezione da solo sull’accaduto: questo è quello che l’uomo produce, purtroppo, anche oggi”.

Il percorso degli orrori termina davanti a una parete. Sopra, il “Promemoria“ di Gianni Rodari: “Ci sono cose da fare ogni giorno, lavarsi, studiare, giocare... Ci sono cose da non fare mai: né di giorno né di notte, né per mare né per terra: per esempio la guerra”.