"Torna a Pordenone" Scritte contro il Questore

Il pugno di ferro con la chiusura di locali e l’interruzione di feste abusive all’origine delle parole vergate in via Enrico da Monza: segnalazione a Roma

Migration

di Dario Crippa

Scritte minacciose a caratteri cubitali contro il Questore hanno fatto la loro comparsa l’altra mattinas ai giardini pubblici di via Enrico da Monza: “Odorisio torna a Pordenone”. Dimostrando non solo di sapere come si chiama il nuovo Questore di Monza (Marco Odorisio appunto) ma anche di essere a conoscenza del suo lujogo di provenienza professionale, Pordenone, lasciata lo scorso gennaio per approdare in Brianza. Del resto il Questore di Monza, da quando si è insediato, ha immediatamente adottato il pugno di ferro. E soltanto dall’inizio dell’anno, ha chiuso 8 locali, 5 dei quali a Monza, per inottemperanze varie, dallo spaccio alla malamovida. E Marco Odorisio sapeva probabilmente che questo non lo avrebbe reso popolare fra alcuni giovani. Specialmente quelli che fanno riferimento al cosiddetto popolo della notte, ai centri sociali e si trovano a vivere al limite della legalità. Uno degli ultimi atti degli agenti della Questura che non devono essere risultati graditi a questa fetta della popolazione è andato in scena lo scorso 21 maggio, quando gli equipaggi della Questura insieme a equipaggi della polizia locale di Monza, erano intervenuti per l’ennesima volta nei giardinetti del Nei in via Enrico da Monza, spesso teatro di bivacchi notturni, in via Bergamo, cuore dela movida e nei giardini in via Azzone Visconti. Era proprio lì che era in corso il raduno di un folto gruppo di ragazzi che si era organizzato per tenere una festa con musica ad alto volume.

All’arrivo degli agenti erano presenti almeno 150 ragazzi tra i 18 e i 30 anni con tavoli, grosse taniche di sangria, luci intermittenti colorate come in discoteca e musica ad alto volume. Inizialmente i ragazzi si erano contrapposti manifestando verbalmente il dissenso a proposito dell’intervento delle forze dell’ordine e avevano chiesto a gran voce di continuare a far festa, "avendone il diritto a causa delle passate restrizioni imposte dalla pandemia, ritenendo di essere liberi di potersi incontrare e fare festa in luogo pubblico dove volessero". Tuttavia, il personale della Questura, dopo un lungo argomentare con due ragazze, probabili organizzatrici della festa, era riuscito a far smontare tutta l’apparecchiatura stereo, di luci e di tavoli, facendoli defluire e a liberare l’area. E facendo presente che le feste in luogo pubblico si possono svolgere "qualora vengano rispettate le procedure di autorizzazione previste, per tutelare i diritti di tutti". Alla scoperta della scritta dedicata al Questore, intanto, ieri è partita una segnalazione a Roma, al Ministero dell’Interno. Poi si vedrà.