Quando il Monza di Radice sfiorò la serie A per la prima volta nella sua storia

Stagione 196 9-1970, un campionato ai vertici, una difesa di ferro, la spinta dei tifosi e la decisione di ampliare il vecchio stadio

Gigi Radice

Gigi Radice

Monza, 19 aprile 2020 -  "Io sono del Monza, non riusciremo mai a venire in serie A". Lo dice Renato Pozzetto, in una pellicola (“Agenzia Riccardo Finzi… praticamente detective”) diventata cult soprattutto fra i tifosi monzesi. Una frase simbolo che, sino a poche settimane fa, veniva riproposta tutte le domeniche in cui il Monza giocava in casa prima dell’ingresso in campo delle squadre.

Correva l’anno 1979, quando uscì quel film, e il Monza era scottato da una stagione che per un pelo non l’aveva visto promuovere per la prima volta nella sua storia nel massimo campionato calcistico. Al termine di uno spareggio perso in maniera bruciante a Bologna contro il Pescara. Non era però la prima volta in cui il Monza si trovava a sfiorare la serie A. Anzi, un’occasione clamorosa era stata vissuta anche nove anni prima, quando il giovane Monza allenato dall’allora altrettanto giovane Gigi Radice si ritrovò quasi a sorpresa a combattere per una promozione storica che suscitò entusiasmi in tutta la città. 

Si tratta della stagione calcistica 1969-1970. Un Monza tignoso scala i vertici della classifica suscitando ammirazione e rispetto nel mondo del calcio. Dopo la parentesi a Treviso, in panchina è tornato mister Gigi Radice, che imposta la squadra su una superdifesa,non per caso la migliore alla fine della stagione con appena 19 reti subite in 38 gare. Spesso al secondo posto alle spalle del Varese, destinato a salire in A al termine di una stagione per lui trionfale. Anche il Monza si fa però rispettare stabilendo l’allora record di 11 vittorie casalinghe e una sola sconfitta allo stadio Sada.

Il dibattito su una promozione ritenuta ormai prossima si accende nei bar, negli uffici, nelle fabbriche. E su tutti i giornali. Un campionato vissuto quasi sempre ai vertici scatena le fantasie. E anche le polemiche. Sorgono quesiti e retropensieri: ce la farà Monza, in una piazza che la vede così vicina a colossi come Inter e Milan? In parecchi addirittura paventano, soprattutto a fronte di qualche episodio arbitrale sfavorevole, manovre sottobanco da parte delle grandi squadre milanesi, che mal digerirebbero una concorrente (anche se soltanto a livello di pubblico) così vicina. Radice, contrariamente a quanto si vede abitualmente nel mondo del calcio, non si nasconde. È giovane, al Monza ha iniziato pochi anni prima centrando al suo debutto una promozione dalla serie C alla serie B. Radice non ha paura. E dichiara con grande decisione e serenità: "Il nostro programma è quello di puntare direttamente alla serie A".

E troppo furbo però per non immaginare che nel mondo del calcio non si può mai essere troppo sicuri. E aggiunge, forse anche per non sovraccaricare di aspettative i propri giocatori: "Nessuno di noi farà drammi se la sfortuna ci volterà la spalle in questo finale di campionato: resterà sempre la bella immagine di una stagione memorabile per il calcio monzese. Se poi i ragazzi otterranno il giusto premio alla loro dedizione, la serie A non ci spaventerà troppo".

Sul finale della stagione, quasi ogni settimana sui giornali escono servizi che riportano le interviste a personaggi, dello sport e della politica, che commentano quello che viene avvertito come un risultato ormai imminente. Anche la stampa specializzata è incuriosita positivamente da una squadra giovane e spavalda come è il Monza di Gigi Radice e del presidente Aurelio Cazzaniga. E in parecchi si spingono a dare per certo un prossimo salto nella massima serie.

Per comprendere meglio il clima, basti considerare che, dopo accesi dibattiti, il Consiglio comunale di Monza si trova ad aprile di quell’anno a votare addirittura un progetto per ampliare il vecchio, glorioso ma vetusto stadio Sada. Uno stadio preso d’assalto abitualmente da dieci-dodicimila spettatori e che – si suppone comprensibilmente – non sarà in grado di accogliere il pubblico previsto con il raggiungimento della serie A.

Ad accompagnare le sedute del Consiglio comunale, si presentano fra gli spettatori centinaia di appassionati di calcio e tifosi, che improvvisano addirittura caroselli automobilistici sventolando bandiere del Monza in occasione delle sedute decisive. Sino a quando lunedì 22 aprile, alle 23.37, il Consiglio comunale non approva alla fine il progetto tanto agognato. Con i voti favorevoli della maggioranza (ma il sindaco si astiene), e quelli contrari di comunisti e socialdemocratici (ma a favore dei socialisti) viene stabilito che verrà acceso un mutuo da cento milioni di lire con il quale finanziare la realizzazione di tribune a sostegno tubolare metallico che aumenteranno la capienza del vecchio San Gregorio fino a ventimila spettatori. A una condizione, però, con sano pragmatismo brianzolo: i lavori saranno subordinati alla promozione in serie A.

E i fatti purtroppo daranno ragione a questa prudenza. Al momento della sfida decisiva, infatti, il Monza capitola. La difesa è forte, le uniche stelle sono l’esperto Mario Trebbi (ex Milan) e il giovane portiere Luciano Castellini, il Giaguaro. Ma in attacco manca un bomber (il miglior marcatore Lucio Bertogna, arrivato a novembre, realizzerà appena 6 reti), anche se la manovra di mister Radice fa segnare un po’ tutti. La sfida decisiva è sul campo del Varese, la capolista. Che il Monza all’andata al Sada aveva battuto. Ma stavolta non c’è trippa per gatti. La gara di Varese, seguita da una folta cornice di pubblico arrivato appositamente dalla Brianza, comincia in maniera illusoria, con il Monza in vantaggio dopo appena due minuti di gioco con Caremi.

E la possibilità di raddoppiare malamente sciupata pochi minuti più tardi. Gol sbagliato gol subito, dice però una vecchia legge non scritta del calcio. E infatti il Varese raggiunge l’1-1. Da lì in avanti sarà notte fonda. Sul finire del primo tempo i padroni di casa trovano infatti la rete del raddoppio. A siglare i gol della rimonta sono i due bomber su cui può contare il Varese: uno si chiama Ariedo Braida, e ha 24 anni. L’altro, di appena 19 anni, si chiama Roberto Bettega. Il Varese si vede anche annullare due gol in quella partita, nella quale sancisce un predominio sul campo che non sarà mai messo in discussione, nonostante Radice provi l’assalto all’arma bianca nella ripresa. Il Monza perde la partita e soprattutto smarrisce le proprie certezze. Sprofonderà alla fine del torneo sino a chiudere al quinto posto a 45 punti. Alle spalle del terzetto che si guadagnerà invece la proposizione in serie A, composto dalla capolista Varese (49 punti), dal Foggia e dal Catania (48). E persino dal Mantova (47).

dario.crippa@ilgiorno.net