STORIE DI BRIANZA / Quel pilota decapitato in Autodromo

Nel 1965 l'incidente di Tommy Spychiger. Sei piloti morirono in tre anni a Monza

Tommy Spychiger

Tommy Spychiger

Monza, 8 aprile 1018 - Il tragico anniversario sarà fra pochi giorni. Il 25 aprile. E nessuno - o quasi - probabilmente se ne ricorderà. Eppure, in una giornata di domenica di 53 anni fa, l’Autodromo di Monza venne funestato da un terribile incidente automobilistico, anche se non in una gara di grande impatto mediatico come quelle della Formula Uno.

Allora però, in un’epoca in cui le misure di sicurezza erano molto più scarse di oggi e i piloti morivano come mosche, un ragazzo di 31 anni trovò la sua fine mentre faceva la cosa che più gli piaceva: correre in automobile.

L’eco delle polemiche dell’epoca oggi non si sente neppure più. Di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia. Di morti sui circuiti, Monza in primis, ce ne sono state purtroppo molte altre. E per fortuna parecchio è stato fatto per rendere più sicure e meno cruente le competizioni motoristiche.

Quella raccontata in queste righe è solo una fra tante, con una vittima che di certo non è passata alla storia come molte altre del rutilante e a volte contraddittorio mondo delle corse. Ma che non per questo merita meno rispetto.

 

LA CRONACA

Domenica 25 aprile 1965. Autodromo di Monza. Il pilota svizzero Tommy Spychiger, 31 anni, muore al 34esimo giro.

Si tratta dell’ennesimo tributo di sangue versato sulla pista di Monza nel corso della sua lunga storia. Anzi, probabilmente, si tratta di uno degli episodi meno ricordati. Niente a che vedere ad esempio coi 15 morti di quattro anni prima provocati dall’uscita di pista in mezzo al pubblico del pilota tedesco von Trips. O con i 22 morti agli albori della storia dell’autodromo, nel 1928, dopo un’altra tragica tragica uscita di pista, quella del pilota Materassi. Gli anni Sessanta restano comunque fra i peggiori in tema di sicurezza, con ben sei piloti morti a Monza fra il 1964 e il 1967. La morte di Spychiger, avvenuta nel corso di una gara di certo meno seguita della Formula Uno come la “1.000 chilometri”, sconvolge tuttavia per le sue truculente modalità.

Il pilota di Lugano quel giorno era a bordo di un prototipo Ferrari, una 365 P2, in coppia con un altro svizzero, Thomas Muller. Anzi, fino al 33esimo giro era stato proprio quest’ultimo a guidare la potentissima vettura. La gara sembrava andare benissimo: l’equipaggio elvetico, approfittando della sosta ai box del campione del mondo Surtees, si trovava in seconda posizione. Al 33esimo giro la macchina si era fermata ai box per il rifornimento di carburante, la sostituzione dei pneumatici e il cambio del pilota. Toccava appunto a Spychiger. Il 31enne non aveva però nemmeno completato il suo primo giro di pista quando, mentre affrontava la curva parabolica, aveva perso il controllo della vettura: la Ferrari aveva superato la parte sabbiosa all’esterno del circuito percorrendo circa 80 metri e aveva scavalcato con un balzo il terrapieno di protezione alto tre metri finendo nel bosco. E si era incendiata come un fuscello.

I pompieri, pur nella difficoltà di intervenire su di un circuito percorso da macchine in gara, erano riusciti ad arrivare subito, ma nulla avevano potuto fare per il povero Tommy Spychiger, morto sul colpo. Quando la sua vettura si era capottata, la forza centrifuga lo aveva sollevato dal seggiolino nonostante la cintura di sicurezza e la sua testa era rimasta ghigliottinata dal parabrezza.

L’inchiesta dopo l’incidente non riuscì a fare piena chiarezza su quanto accaduto. Sull’asfalto non erano stati trovati segni di frenata e la conclusione degli inquirenti era stata che a causare l’incidente era stato un guasto all’impianto frenante. La corsa venne vinta dalla coppia Parker-Guichet su una Ferrari 3300 davanti all’equipaggio Surtees-Scarfiotti con una Ferrari a quattro litri. La media gara verrà stabilita a una velocità di 202,611 chilometri orari.

SCARFIOTTI

Appena tre anni più tardi, l’8 giugno 1968, lo stesso Lodovico Scarfiotti, l’ultimo pilota italiano ad aver vinto un Gran Premio di Formula Uno a Monza, troverà la morte in pista a bordo di una Porsche, alla salita di Rossfeld, in Francia, nel corso del Campionato Europeo della Montagna. Sbalzato dall’abitacolo, Scarfiotti morì durante il trasporto in ospedale. Errore umano o eccessiva leggerezza delle vetture che concorrevano quella competizione? Entrambe le possibilità furono contemplate, ma una verità incontrovertibile non risulta sia mai stata raggiunta. Se non quella che il mondo folle e spietato delle corse automobilistiche aveva mietuto la sua ennesima vittima.