
di Cristina Bertolini
Mentre nelle alte sfere si immagina un’edizione ridotta del Salone, i mobilieri brianzoli attendono le decisioni: niente pressing per settembre, meglio rinviare al 2022. Il salone comporta un investimento medio dai 500 agli 800mila euro per una settimana, oggi insostenibile. Confartigianato: l’intera formula va rivisitata.
"L’accesso al Salone è un investimento importante – riassume l’umore dei colleghi Enrico Brambilla, segretario generale Apa ConfArtigianato Monza Brianza e Milano – Richiede uno sforzo importante, ripagato solo da alte presenze straniere, non garantite per le incognite su viaggi aerei e spostamenti". Brambilla fa notare due punti di vista: quello del sistema economico generale fatto di allestimenti, ristoratori, hotel che subirebbero un forte contraccolpo dall’immobilismo. L’altro, quello delle piccole aziende brianzole della filiera del mobile, fredde rispetto a un investimento al buio: "Il salone – continua – è un volano interessante, ma per imprese con un fatturato medio di 3-4 milioni all’anno, oggi è improponibile". Da alcuni anni erano una cinquantina le aziende brianzole che partecipavano solo agli eventi del Fuori salone nel quartiere milanese di Brera che portano visibilità e contatti di lungo periodo, ma non certamente contratti qui e ora. Al Salone ufficiale i partecipanti dalla terra di Teodolinda erano solo le grandi firme (Caimi, Cassina, Molteni e pochi altri sulle dita di due mani).
Ultimamente il Fuori Salone era stato lanciato timidamente anche a Monza: dallo scorso anno i Comuni di Lissone, Desio, Seregno e Cesano stavano pensando a un rilancio locale, ma il tempo stringe e intanto vige ancora il coprifuoco alle 22. Il Fuori salone vive di incontri e mostre da preparare e allestire e ovviamente la movida, con aperitivi, dj set, e i tanto temuti assembramenti. Ammesso e non concesso che si riesca a organizzare tutto entro settembre, non è detto che all’ultimo momento le condizioni pandemiche lo consentano. "Le carte sono in mano ai big players. Da parte nostra non ci sono le condizioni per fare pressione per un’immediata ripresa, ma se la macchina organizzativa riparte, non ci sottrarremo dal dare il nostro contributo. Altrimenti sarebbe meglio rimandare al 2022. Dopo il Covid nulla sarà più come prima: bisogna ripensare l’intero format, schemi e costi del passato non saranno più sostenibili. Se non ci sono voli e movimento, per i nostri affiliati il budget è troppo impegnativo".
Dello stesso parere Cristina Reccagni, titolare di Semprelegno di Lissone: "Senza i grandi investitori stranieri sarebbe una festa in famiglia, autocelebrativa ma a fatturato zero. I clienti italiani comprano poco, preferiscono mobili a basso costo e acquistano on line".