CRISTINA BERTOLINI
Cronaca

Nasce l’App Oases. La piattaforma per i “deserti sanitari“ inventata a Monza

Il sistema debutterà in Uganda e Tanzania per fornire cure d’emergenza guidando gli operatori sanitari meno esperti durante il triage la diagnosi e il trattamento di patologie come gastroenterite e malaria.

Il sistema debutterà in Uganda e Tanzania per fornire cure d’emergenza guidando gli operatori sanitari meno esperti durante il triage la diagnosi e il trattamento di patologie come gastroenterite e malaria.

Il sistema debutterà in Uganda e Tanzania per fornire cure d’emergenza guidando gli operatori sanitari meno esperti durante il triage la diagnosi e il trattamento di patologie come gastroenterite e malaria.

Nei “deserti sanitari“ ogni minuto conta. I medici chiamano così le aree remote del mondo, quelle con scarse strutture sanitarie e pochi specialisti, dove la gente non ha accesso a cure mediche di emergenza tempestive e di qualità. Per questo è nato il progetto Oases, (Organization for the Advancement and Support of Emergency Systems), un’iniziativa di solidarietà sanitaria che trova le sue radici in Brianza, in seno alla facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Milano Bicocca.

L’ateneo ha lanciato la campagna di crowdfunding che ha inaugurato la VII Call BiUniCrowd. Obiettivo: sviluppare una piattaforma digitale intuitiva per supportare chi offre cure d’emergenza in aree rurali e isolate, guidando gli operatori sanitari meno esperti durante il triage, la diagnosi e il trattamento delle patologie acute più comuni (soprattutto malaria e gastroenteriti) incontrate nei contesti a risorse limitate. Responsabile del progetto il professor Michele Bombelli, primario di medicina interna dell’Ospedale di Desio e direttore della scuola di specialità in medicina d’urgenza. Il progetto Oases è sviluppato da un team multidisciplinare composto da diversi professionisti con competenze in medicina d’urgenza, pediatria, ginecologia, sanità pubblica, biostatistica, infermieristica e digital health: Lucrezia Rovati, insieme e a Benedetta Canova, Elena Targetti, Marco Bettina, Fausto Fazzini, Daniele Privitera, Benedetta Pessina, Francesca Bonadei, Luigi De Vitis, Eugenia Alleva, Vittoria Vergani, Luisa Sarno e Francesca Mapelli. Team leader operativa Lucrezia Rovati (medico di medicina d’urgenza e dottoranda in Sanità pubblica all’Università Bicocca). Lucrezia è “figlia d’arte“ in ambito medico. Ha vissuto farmaci e medicine in casa, figlia di Lucio Rovati, Direttore Scientifico e ceo di Rottapharm Biotech. Anche la Fondazione Luigi Rovati (intitolata al nonno di Lucrezia) è tra i sostenitori del progetto. "Oggi, circa due miliardi di persone non hanno accesso alle cure di emergenza necessarie semplicemente perché vivono in aree rurali e remote – spiega Lucrezia Rovati – In questi deserti sanitari gli ospedali rurali rappresentano l’unico punto di riferimento per le comunità locali. Ma con pochi medici specialisti e senza strumenti diagnostici avanzati, non riescono a garantire cure tempestive e di qualità", La piattaforma digitale verrà sviluppata in collaborazione con il dipartimento di Informatica dell’Università Bicocca e consisterà in un’app per tablet e smartphone progettata per essere intuitiva, economica ed efficace anche in aree con scarse infrastrutture. La piattaforma, di facilissima fruibilità, raccoglierà inoltre dati clinici preziosi per promuovere la ricerca scientifica anche nei luoghi più remoti. Grazie a chi ha sostenuto il progetto nei suoi primissimi giorni di vita e al cofinanziamento di Eni (con 5mila euro), Oases ha superato l’obiettivo iniziale di 10mila euro, chiudendo a 22.240 euro, con 115 sostenitori al 23 maggio. Questi fondi permetteranno al team di sviluppare la piattaforma e promuoverne l’implementazione pilota presso il Dottor Ambrosoli Memorial Hospital di Kalongo, 286 posti letto, in Uganda, formando ed equipaggiando i 15 operatori sanitari del pronto soccorso con gli strumenti digitali necessari per l’utilizzo dell’app. Ma Oases non si ferma qui. Il team corre per un nuovo ambizioso traguardo: con altri 10mila euro verrà garantita la scalabilità del progetto, permettendo di formare ed equipaggiare con strumenti digitali un maggior numero di operatori sanitari, aumentando il numero di pazienti assistiti e diffondendo un modello innovativo di cura. Dopo la partenza pilota a Kalongo, la piattaforma digitale potrà infatti essere facilmente adattata a contesti sanitari simili, tra cui altri ospedali affiliati al Bicocca Global Health Center in Uganda in Tanzania. Grazie al programma BiUniCrowd dell’Università Bicocca, i progetti di ricerca vengono finanziati coinvolgendo società civile, istituzioni e imprese attraverso il crowdfunding su Ideaginger.it.