DARIO CRIPPA
Cronaca

Quel morto misterioso nel laghetto di Giussano

Un contadino padre di 9 figli: andrò al funerale di uno sconosciuto e poi fu trovato cadavere in uno specchio d'acqua bassissimo

Acqua gelata ma molto bassa quella in cui fu trovato il cadavere a Giussano

Monza, 10 marzo 2019 - “Delitto o follia?”. Così il 16 febbraio 1915 il corrispondente del giornale “L’Italia” titola un drammatico reportage dal cuore della Brianza per quello che si presenterà per qualche giorno come un autentico “giallo”. “Stamane passando vicino alle acque del nostro laghetto si vedeva qualche cosa come un’estremità di corpo fuori dall’acqua” è l’incipit dell’articolo.

Sulla sponda spuntano anche gli abiti di un uomo, sono appesi a un albero e indirizzano ovviamente da subito le ricerche verso il laghetto artificiale di Giussano, dal quale dopo qualche ora viene ripescato il cadavere di un uomo. Chi è? E soprattutto, si tratta della vittima di un suicidio o di un delitto? La risoluzione almeno parziale del “giallo” arriverà dopo qualche giorno. Ma si apprenderà di fatto soltanto l’identità di quell’uomo. Non cosa lo abbia davvero ucciso.

 

I FATTI

All'inizio il misterioso cadavere trovato al laghetto di Giussano non viene riconosciuto da nessuno. Nonostante rimanga per un giorno e una notte all’obitorio a disposizione di eventuali conoscenti, le sue condizioni non lo consentono. Fino a quando finalmente si scopre che si trattava di un uomo di 58 anni, Luigi M., un contadino che abitava nella frazione Birone di Giussano. Padre di 9 figli, il giorno prima del suo ritrovamento aveva lasciato la propria abitazione spiegando alla famiglia che si sarebbe recato “nel borgo di Seregno”. Per assistere alle funzioni religiose ed effettuare alcuni acquisti alla fiera del paese. Luigi però – raccontano i suoi familiari – da qualche tempo era soggetto a episodi di nevrastenia e, benché al momento di andarsene fosse calmissimo, i suoi congiunti non si fidano a lasciarlo partire tutto solo. E decidono di farlo seguire da due dei suoi figli, due ragazzini sui 12 anni, incaricati di non perderlo di vista. La loro missione però fallisce: i due ragazzini, che dovrebbero seguirlo a distanza, non riescono neppure a raggiungerlo e sono costretti a tornare a casa. Intanto Luigi M. comunque a Seregno ci arriva. È una persona abbastanza nota nella zona e parecchi suoi conoscenti assicurano di averlo visto quel giorno nella chiesa parrocchiale impegnato a seguire con grande devozione un ufficio funebre. Di chi, non è dato sapere, le cronache dell’epoca omettono questo particolare. Più tardi, intorno alle 15, un mediatore di foraggi racconta di averlo incontrato e di aver avuto con lui una conversazione in merito alla vendita di una certa quantità di fieno, senza peraltro arrivare a concludere alcun affare in proposito.

Perché? Anche qui, le indagini e le cronache sembrano omettere questo particolare. Luigi prende a quel punto la strada provinciale per Giussano. Sta tornando a casa? Forse no. Poco dopo infatti un oste che lo conosceva bene e che ha il proprio esercizio commerciale su quello stradone lo vede passare davanti alla propria bottega. E lo invita con insistenza a entrare a bere un goccetto, ma la risposta è secca: "Non posso, non entro perché ho fretta di recarmi ad Arosio...". Lo stradone provinciale porta effettivamente anche da quella parte, ma di questa possibile mèta l’uomo non aveva fatto cenno a nessuno prima di allora. Perché mai dunque sarebbe dovuto andare ad Arosio? Non si sa se quel giorno ci sia davvero arrivato. Anzi da quel fugace incontro con l’oste, di Luigi M. non si ha più alcuna notizia. Fino a quando il suo cadavere verrà ripescato nel piccolo, e basso specchio d’acqua che è il laghetto di Giussano. Anche se prima che il morto possa venire effettivamente riconosciuto dovranno trascorrere come si diceva parecchie ore, mentre i suoi familiari ignari e preoccupati si affannavano a cercarlo dappertutto. Come sia finito annegato in quelle acque però non verrà mai chiarito. Gli unici elementi in possesso degli investigatori sono il fatto che il livello delle acque era in quel periodo davvero bassissimo e che, assieme alla giacca e al cappello, sulle sponde del laghetto viene ritrovato vicino a questi indumenti anche un fazzoletto sporco di sangue. Sangue che proveniva quasi certamente dalla fronte dell’uomo, sulla quale i medici trovano infatti i segni di una escoriazione.

LE PISTE 

L’ipotesi ritenuta più verosimile, e verbalizzata come tale in sede di indagine, è alla fine questa: Luigi M., che da tempo soffriva di disturbi di natura nevrastenica, avrebbe avuto un capogiro mentre passava nei pressi del laghetto e sarebbe caduto battendo la fronte. In seguito, disceso a fior d’acqua per lavarsi la fronte insanguinata, sarebbe scivolato sul ghiaccio presente in quelle stagione restando impigliato negli arbusti senza più riuscire a risalire. E sarebbe annegato così. Dopo aver perso i sensi. In una pozzanghera d’acqua. Una prova, a detta almeno degli investigatori, sarebbe stata rappresentata da un ciuffo d’erba trovato nelle mani irrigidite e contratte del cadavere. Come se il poveretto avesse tentato disperatamente di raggiungere la riva aggrappandosi all’erba ma non ci fosse riuscito. Il 19 febbraio i funerali dell’uomo, nella parrocchia del suo paese, misero la parola fine su questa triste e misteriosa vicenda.