
L’imputata difesa da un’avvocata d’ufficio non si è mai presentata in tribunale
Desio (Monza Brianza) – ”Quando sono entrata nell’appartamento quella mattina la signora era a letto, ma c’era la luce accesa e alcune cose spostate rispetto alla sera prima. Mi ha chiesto l’acqua dicendo che le bruciava la gola. Aveva una bava bianca alla bocca e un liquido sui vestiti e per terra. Ho chiamato il 118 e loro hanno trovato il contenitore del detergente per le mani sotto il letto”.
Samira, 58 anni, originaria del Ghana, che si occupa di assistenza agli anziani per una cooperativa, era stata a sua volta indagata (ma poi la sua posizione è stata archiviata) per il decesso di S.Z., una ottantenne con problemi di Alzheimer che era stata lasciata di notte in casa da sola e ha ingerito il sapone liquido, che le ha provocato complicanze polmonari portandola alla morte. Una vicenda, accaduta a Desio l’8 febbraio del 2022, che ha portato i due figli della donna a dover rispondere di abbandono di persona incapace, un reato punito anche oltre gli 8 anni di reclusione se ne deriva la morte della persona offesa e se a commetterlo è un suo familiare.
Il figlio dell’ottantenne, Stefano T., tassista residente in Brianza, ha scelto di venire giudicato con il rito abbreviato, fissato a maggio davanti al gip del tribunale di Monza, mentre sua sorella, Laura T., casalinga 57enne residente in provincia di Trento, è stata chiamata al dibattimento davanti alla Corte di Assise di Monza. Secondo la ricostruzione del fatto, l’ottantenne viveva in una casa comunale con il coniuge, anche lui sofferente di problemi di demenza senile e i due figli avrebbero concordato di fare seguire i genitori da una donna che per qualche ora al giorno faceva le pulizie e si occupava delle loro esigenze primarie, chiedendo poi ai servizi sociali del Comune di Desio di intervenire per provvedere alla loro igiene personale.
“La figlia ci aveva chiesto due ore per la madre e un’ora per il padre alla settimana, si paga un contributo in base all’Isee - ha raccontato in aula l’assistente sociale a sua volta indagata e poi archiviata per la vicenda -. Ma la situazione era subito peggiorata. Il padre aveva avuto alcuni accessi in ospedale, anche per una caduta in casa, la madre delirava e aveva piaghe da decubito. Le ore erano diventate due al giorno. La cooperativa che inviava le assistenti a domicilio aveva segnalato una situazione di trascuratezza”.
Da qui la proposta ai figli dell’anziana coppia di provvedere a una badante o a trasferire in una residenza sanitaria i genitori, che comunque non potevano essere lasciati soli, soprattutto di notte. “La risposta della figlia è stata che loro non potevano andare a rubare in banca per sostenere queste spese e che già lavoravano 7 giorni su 7 - ha proseguito l’assistente sociale -. Abbiamo fatto un accesso domiciliare il 3 febbraio con anche il medico di base e l’assistente sociale della Asst e avevamo avviato le pratiche per trasferirli in una residenza sanitaria”, dove in seguito ha trovato ospitalità il marito della vittima. L’imputata non si è mai presentata al processo, a causa, a suo dire, della lontananza e della necessità di accudire il marito. Per difenderla è stata nominata un’avvocata d’ufficio. Si torna in aula il 21 marzo.