CRISTINA BERTOLINI
Cronaca

La lotta al tumore delle donne. Seicento interventi l’anno. Una task-force contro la paura

La Breast Unit senologica dell’Irccs di Monza è seconda per casi solo all’istituto di Milano. Oggi il tasso di sopravvivenza supera il 90%, un approccio all’avanguardia fin dalla diagnosi.

La Breast Unit senologica dell’Irccs di Monza è seconda per casi solo all’istituto di Milano. Oggi il tasso di sopravvivenza supera il 90%, un approccio all’avanguardia fin dalla diagnosi.

La Breast Unit senologica dell’Irccs di Monza è seconda per casi solo all’istituto di Milano. Oggi il tasso di sopravvivenza supera il 90%, un approccio all’avanguardia fin dalla diagnosi.

La Breast Unit senologica dell’Irccs San Gerardo si presenta. Lo ha fatto ieri in un incontro con le donne monzesi allo Sporting club per caldeggiare prevenzione, diagnosi precoce e poi la cura del tumore al seno, mettendo a nudo ansie e paure delle pazienti, ma offrendo anche una realistica prospettiva di cura. Con i suoi 600 interventi all’anno, la Breast Unit di Monza si occupa di prevenzione e diagnosi precoce del tumore al seno; assicura un percorso diagnostico e terapeutico ad ogni donna con tumore iniziale, avanzato o metastastico.

Quella di Monza è la seconda equipe per casistica in Lombardia dopo l’Istituto tumori di Milano. Come ha sottolineato Silvano Casazza, direttore dell’Irccs monzese, si tratta di un modello organizzativo, più che di un reparto ospedaliero. "Infatti la nostra maggior attenzione è rivolta al lavoro di squadra – interviene Riccardo Giovanazzi, direttore della Breast Unit e della Chirurgia senologica, nata 10 anni fa. Un tempo si parlava di brutto male. "Oggi il nostro è un lavoro che comprende chemioterapia, oncologia medica, medicina nucleare, chirurgia, radiologia, radioterapia, genetica e chirurgia plastica, oltre al supporto psicologico", spiega Giovanazzi. Si parte dall’anatomia patologica, fondamentale per avere una diagnosi corretta.

Ad oggi il tasso di sopravvivenza a cinque anni per le pazienti con tumore al seno diagnosticato in stadio precoce supera il 90%, ma la diagnosi e la prospettiva del trattamento chirurgico, della chemio e radioterapia fanno ancora paura. Per questo la dottoressa Francesca Riva (oncologo medico) e Camillo Di Bella (anatomo patologo) hanno sottolineato come le terapie vengano modulate con percorsi su misura per le singole pazienti, grazie ai test genetici che definiscono le alterazioni del Dna delle cellule neoplastiche. Si indagano così una settantina geni. Non solo. L’equipe del San Gerardo suggerisce anche la prevenzione sui familiari, per verificare il rischio di sviluppare una malattia oncologia. Ad oggi le terapie neoadiuvanti anticipano il trattamento chirurgico principale, per ridurre le dimensioni del tumore o il suo stadio. Questo approccio può rendere l’intervento meno invasivo, migliorare la prognosi e valutare la risposta del tumore ai farmaci. Le terapie neoadiuvanti più comuni sono la chemioterapia, la radioterapia, la terapia ormonale; sempre più terapie mirate, per ridurre la tossicità. "All’inizio della chemioterapia – spiega la dottoressa Anna Abate (medico di diagnostica senologica – si posizionano dei marcatori che indicano la posizione e l’estensione della lesione (che tendono a non essere più visibili dopo la chemio) per direzionare l’intervento chirurgico". La tempestività è fondamentale. Si arriva alla Breast Unit del San Gerardo o per invio del medico di medicina generale su segnalazione della paziente che avverte delle anomalie al seno o ai linfonodi ascellari, oppure in seguito agli screening mammografici calendarizzati da Ats per le pazienti dai 45 anni. Per questo i medici raccomandano di non sottovalutare l’indagine diagnostica, non accantonare il problema per paura delle cure, ma di affrontarlo. Dalla presentazione dell’impegnativa del proprio medico con codice di urgenza, la visita viene programmata entro 3-4 giorni. A seguire l’eventuale biopsia in 24 ore e in altre 48 ore l’analisi del tessuto e in 72 ore il referto. Nel giro di una settimana il quadro è chiaro e un eventuale intervento viene programmato nell’arco di un mese. Fra le possibili cure la radioterapia che spaventa per eventuali lesioni a organi vicini. Il dottor Stefano Arcangeli rassicura: "Oggi le tecniche di radioterapia sono molto selettive, per esempio per la mammella sinistra si effettua l’irraggiamento nella fase della respirazione in cui la mammella è più lontana dal cuore. Prima si facevano 30 applicazioni, cioè tutti i giorni per 6 settimane; oggi ne bastano 5 e poi si può tornare alla routine quotidiana".

La Medicina nucleare individua le cellule neoplastiche nei linfonodi, utilizzando radiazioni ionizzanti che individuano il linfonodo sentinella: il primo linfonodo che riceve la linfa direttamente dal tumore e rappresenta un importante punto di riferimento per la diagnosi e la stadiazione della malattia oncologica. Quando la chirurgia conservativa non è possibile, intervengono i chirughi plastici, come Andrea Marchesi, che attua la ricostruzione, con protesi o prelevando il tessuto dalla paziente stessa e reinnestandolo, con tecniche mini invasive. Una tecnica all’avanguardia ancora poco diffusa.