Monza – Il pullman si avvicina alla fermata, l’autista non vede nessuno perché ci sono troppe macchine parcheggiate in doppia fila e tira dritto. Oppure il bus arresta sì la sua corsa, ma non nel punto preciso previsto dalla fermata, bensì – sempre per lo stesso problema di automobili in divieto di sosta – dieci metri più avanti, oppure dieci metri più indietro. Il passeggero col bastone bianco può solo confidare nel buon cuore di altri passeggeri che lo abbiano avvertito per tempo. Succede tutti i giorni, succede a Monza.
La mappa del disagio per i cittadini non vedenti che si avventurano sui mezzi pubblici comprende alcuni dei punti più caldi della città, quelli in cui maggiore dovrebbe essere l’attenzione per i viaggiatori. In corso Milano, davanti alla stazione ferroviaria. Ma anche alle sue spalle, in quel grande snodo che è piazza Castello, hub fondamentale di autobus e treni. In via Manzoni ci sono moltissimi attraversamenti e incroci difficili da intercettare, la via Borgazzi "è lunga e complessa", inframmezzata da attraversamenti difficili, sempre per un problema di ostacoli mobili (automobili, motociclette, biciclette e monopattini) disseminati lungo il percorso.
E poi l’ospedale San Gerardo di Monza, "ci dovevo andare a trovare mia mamma: col rischio di perdere sempre la corsa perché l’autista si ferma solo se vede fare un gesto al passeggero, altrimenti tira dritto, come prevedono le regole della sua azienda": Gianluca Russo, consigliere della sezione di Monza dell’Unione Italiani Ciechi e Ipovedenti, utilizza parecchio i mezzi pubblici in città, è la sua forma di autonomia minima in un mondo che spesso finge di non vedere chi non ci vede veramente. Insieme al presidente della Biblioteca italiana ciechi di Monza, Nicola Stilla, ricostruisce un viaggio fra le tante storture del vivere civile.
E dei suoi trasporti. "Ci sono autisti sensibili, l’altro giorno ad esempio una donna-autista è scesa per chiedermi se avessi bisogno di salire e dove dovessi andare e altri che tirano dritto senza nemmeno guardare: a volte viaggiare è frustrante, quando basterebbero dei piccoli ma fondamentali accorgimenti". L’Unione Ciechi (Uici) ci riflette da tempo e li ha sottoposti all’attenzione dell’Amministrazione comunale di Monza, "ma senza ricevere risposte" precisa Stilla. Basterebbe dotarsi (alcune città già lo fanno, come Trieste) del sistema “Letismart“. Il dispositivo installato nell’impugnatura del bastone ha componenti miniaturizzati con dimensioni comparabili a quelle di un granello di zucchero.
Il sistema consente di comunicare vocalmente alla persona in attesa alla fermata gli autobus in transito o in arrivo; di prenotare anticipatamente l’autobus; di avvisare il conducente che alla fermata c’è una persona non vedente in attesa (facendo suonare un segnalatore acustico in prossimità del posto di guida); di indirizzare con un segnale acustico la persona non vedente verso la porta di ingresso anteriore dell’autobus.
"Ormai le aziende di trasporto pubblico - riflette Stella - per partecipare a una gara di appalto devono dimostrare che i propri mezzi sono dotati di pedana per far salire le persone in carrozzina, ma il sistema Leti smart è per il momento solo facoltativo. Per questo ci rivolgiamo alle pubbliche amministrazioni, semplificherebbe la vita, nostra e anche degli autisti. Bisogna promuovere una cultura dell’accessibilità davvero aperta a tutti".