
Dentro gli uffici giudiziari le regole ferree anti Coronavirus. All’esterno assembramenti e degrado, con i cittadini a decine all’esterno dalla Procura per ritirare un certificato del casellario giudiziario, aperto solo tre giorni la settimana e vietato all’accesso e con le erbacce e gli scarafaggi a farla da padroni nel cortile del Tribunale rimasto orfano della consueta manutenzione. È quanto sta accadendo alla giustizia monzese che, da quasi quattro sta seguendo le disposizioni nazionali sul divieto di assembramento all’interno degli uffici giudiziari. Precetti che, vietando l’ingresso (se non su appuntamento), sono ritenuti troppo stringenti, più a Monza che in altre sedi giudiziarie, da molti addetti ai lavori, avvocati ma anche sempre più magistrati.
La polemica nasce dalla forte differenza riscontrata tra il sempre più esteso allentamento delle prescrizioni anticontagio in tutti i settori delle attività lavorative rispetto a quello dei dipendenti della giustizia, ritenuti ancora arroccati dentro i loro uffici (tranne quando, però, escono a gruppetti a bere il caffè come tutti i cittadini ormai fanno da tempo). La Procura della Repubblica di via Solera è ancora off limits e si accede solo su appuntamento preso via email o telefono. Ma neanche così i cittadini possono entrare. Per ritirare i certificati del casellario giudiziario devono attendere all’esterno della Procura di venire chiamati per la consegna. E così è diventato normale vedere nella piazzetta decine di persone, che non è un eufemismo descrivere come assembrate, perché di certo il distanziamento sociale così marzialmente seguito all’interno degli uffici, là fuori non c’è. Basta svoltare l’angolo da via Solera per arrivare poi davanti al Tribunale in piazza Garibaldi. Anche lì, all’interno è un fiorire di cartelli con le raccomandazioni e prescrizioni anti contagio da Sars-Cov-2, ma all’esterno il Palazzo sembra abbandonato: come ad ogni stagione calda, sono riapparsi gli scarafaggi e nel cortile, intorno alla fontana, l’erbaccia è diventata una foresta.
Stefania Totaro