REDAZIONE MONZA BRIANZA

"Ero un loro pupazzo ma sono innocente"

Si difende Francesco Serio accusato omicidio e distruzione di cadavere dell’albanese. Astrit Lamaj, murato a Senago

"Ero un pupazzo nelle loro mani perché mi davano da lavorare, ho sbagliato a frequentare persone malvagie come gli Arlotta. Ma io non c’ero né all’omicidio, né all’occultamento del cadavere e invece i miei cugini mi hanno tirato in mezzo per sfidarsi tra fratelli su chi di loro faceva valere la sua egemonia". Francesco Serio, 46enne di Muggiò, è imputato di omicidio volontario premeditato e distruzione di cadavere al processo davanti alla Corte di Assise di Monza per la morte di Astrit Lamaj, l’albanese scomparso a 42 anni nel gennaio 2013 e rinvenuto cadavere il 15 gennaio 2019 dentro un antico pozzo artesiano del residence in ristrutturazione “Villa degli Occhi” a Senago. A fare luce sull’omicidio Carmelo Arlotta, siciliano di Riesi trapiantato a Muggiò, che ha iniziato a collaborare con la giustizia. Secondo lui, l’albanese è stato attirato con la scusa di una compravendita di marijuana in un box a Muggiò, stordito con un colpo contundente e poi strangolato con un filo di nylon e la mandante dell’omicidio è Carmela Sciacchitano, 64 anni, riesina residente a Genova, che ha chiesto l’autorizzazione dei reggenti mafiosi per fare fuori l’ex fidanzato, colpevole di avere interrotto la relazione sentimentale durata un anno con la donna.

Per questa vicenda con il rito abbreviato sono già stati condannati al Tribunale di Monza la Sciacchitano a 30 anni di carcere, Angelo Arlotta, fratello di Carmelo, a 24 anni e Carmelo Arlotta a 14 anni. Con Francesco Serio è coimputato di occultamento di cadavere Cosimo Mazzola, 55enne di Cabiate, in carcere per droga. Serio è invece stato scarcerato dopo che Carmelo Arlotta l’ha tolto dalla ricostruzione dei fatti, cambiando la versione fornita in precedenza, ancora diversa da quella del fratello Angelo, nel frattempo diventato a sua volta un pentito. Il 46enne ha voluto dire la sua ieri davanti ai giudici monzesi.

"Sono stato arrestato ingiustamente proprio quando avevo trovato un lavoro senza l’aiuto di nessuno così non dovevo più dipendere dagli Arlotta e quando avevo anche conosciuto una ragazza che mi piaceva - ha dichiarato Francesco Serio - Ho avuto a che fare con persone perfide ed opportuniste, ma non è un reato. Ero legato a Carmelo e ad Angelo questo non è mai andato giù. Per loro quando c’era Carmelo, c’era sempre in mezzo anche Franco.

Poi Carmelo ha deciso di collaborare, ma non è un vero pentito, lui non si è mai pentito. Mi aveva detto che avrebbe fatto ottenere la protezione anche a me quando collaborava, ma non ho accettato perché, da quando si è pentito, ha abbandonato i suoi figli. Lui e il fratello hanno continuato a farsi la guerra. Ma io non voglio pagare per gli altri". Francesco Serio ha ammesso di essere stato a conoscenza dell’omicidio dell’albanese. "L’ho saputo, Carmelo mi ha detto che la Sciacchitano lo voleva morto e lui ha fatto il possibile per dissuaderla - ha raccontato l’imputato - Ma quando parlavano di Lamaj io mi alzavo e me ne andavo perché non ho mai fatto quello che non volevo fare. Per quanto riguarda Cosimo Mazzola, io non ho mai avuto rapporti diretti. Sapevo che aveva degli affari di droga con Angelo Arlotta. Se hanno chiamato lui ad aiutarli per murare il cadavere, vuol dire che io non c’ero, che non ero presente, altrimenti Carmelo avrebbe chiamato me". Si torna in aula il 12 aprile con i testimoni chiamati dalla difesa degli imputati. Poi la requisitoria del pm Rosario Ferracane.

S.T.