di Marco Galvani
Prima ha devastato la sua cella, il giorno dopo ha dato fuoco al materasso. E ha cercato di aggredire con una lametta gli agenti intervenuti per bloccarlo e spegnere il principio di incendio. Riportata la situazione sotto controllo, cinque poliziotti sono stati accompagnati all’ospedale per accertamenti. Minuti di tensione ieri mattina in carcere a Monza quando un detenuto marocchino ha dato in escandescenze mentre si trovava nella sezione infermeria. "Il secondo episodio in 24 ore", la denuncia di Domenico Benemia della segreteria regionale della Uil penitenziari. Già mercoledì un altro detenuto, all’interno di una delle sezioni comuni di via Sanquirico, aveva cercato di appiccare il fuoco nella cella. Ieri mattina, invece, l’episodio più grave.
Protagonista, uno straniero che già mercoledì aveva preso a calci e pugni tutto quello che si trovava all’interno della sua cella, arrivando persino quasi a sradicare il calorifero. Ieri mattina, invece, ha deciso di dare fuoco al materasso e appena gli agenti sono accorsi per cercare di riportarlo alla ragione e trascinarlo lontano dalle prime fiamme e dal fumo, lui li ha minacciati cercando di colpirli con una lametta. In pochi minuti, prima che la situazione potesse degenerare e il fumo invadesse anche le altre celle, il marocchino è stato disarmato e bloccato. Spente le fiamme, gli agenti sono comunque andati al pronto soccorso del San Gerardo per un controllo. "Anche questa volta è andata bene, ma adesso non ne possiamo più - sbotta Benemia -. Lo Stato, il dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria aspettano che succeda qualcosa di più grave per intervenire?". Le tensioni, oltre le sbarre, sono all’ordine del giorno, ma "stanno aumentando le aggressioni e i gesti che mettono a rischio l’incolumità di tutti, anche degli altri detenuti".
D’altro canto "noi non abbiamo possibilità di intervenire, la legge non ci tutela e non ci fornisce gli strumenti adeguati, siamo assolutamente disarmati - lo sfogo -. I detenuti hanno il loro garante, hanno la possibilità di parlare con avvocati e famigliari, hanno una serie di attività a loro favore, mentre noi? Facciamo solo il nostro dovere, ma ora cominciamo a essere stanchi. E ad avere paura".