Varianti Covid e scorte di dosi: le sfide del vaccino monzese

A settembre i risultati preliminari sull’efficacia delle dosi nei primi 80 volontari. Il siero Rottapharm utile contro le mutazioni del virus e per garantire i richiami in futuro

Il Covid-eVax è stato creato da Rottapharm Biotech e dalla romana Takis

Il Covid-eVax è stato creato da Rottapharm Biotech e dalla romana Takis

Monza -  «Stiamo aspettando di completare l’inoculazione del vaccino nell’ultimo gruppo (su quattro, ognuno con 20 volontari, ndr ), entro la prima metà di agosto. E i risultati preliminari dello studio clinico arriveranno per l’inizio di settembre". Lucio Rovati, presidente e direttore scientifico della monzese Rottapharm Biotech (che insieme a Takis ha realizzato un vaccino a Dna avviato allo studio clinico dall’1 marzo all’ospedale San Gerardo), fa il punto della sperimentazione chiarendo che "è ancora presto per conoscere l’efficacia della nostra piattaforma". Ma fino ad ora è altrettanto evidente che "il vaccino è molto ben tollerato con tutti i dosaggi che abbiamo testato". Al momento "non abbiamo osservato alcun effetto collaterale rilevante nelle persone che hanno ricevuto Covid-eVax".

La svolta , però, ci sarà quando saranno disponibili le informazioni sull’effettiva efficacia: "Bisogna vedere come si comporta la risposta immunitaria". Una volta individuate le dosi più efficaci si potrà procedere alla somministrazione su un numero più ampio di partecipanti: per la terza fase di sperimentazione di Pfizer, ad esempio, sono stati arruolati 44mila pazienti, metà dei quali ha ricevuto un placebo. Tuttavia, quando il vaccino Rottapharm-Takis raggiungerà la Fase 3, difficilmente sarà possibile procedere allo stesso modo, non soltanto perché una percentuale significativa della popolazione sarà già stata vaccinata, ma anche perché non sarebbe etico esporre un numero così elevato di persone al potenziale rischio ingiustificato del placebo, quando esistono altri vaccini efficaci.

Per questo le dosi ’monzesi’ potrebbero essere usate come ‘booster’, cioè come richiamo. Perché comunque, "visto che ancora non conosciamo tutto di questo virus, è imperativo studiare nuove piattaforme tecnologiche". Del resto, come aveva spiegato Paolo Bonfanti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Gerardo, "i vaccini anti-Covid non sono tutti uguali. Le piattaforme, a Rna o a Dna, la presenza o l’assenza di vettori virali, fanno la differenza come dimostrano gli studi, anche in termini della efficacia della copertura vaccinale. Il vaccino a Dna, inoltre, potrebbe essere molto importante in futuro anche per altre ragioni importanti: la possibilità di modificarlo adattandolo all’emergenza di varianti del virus non sensibili ai vaccini attuali, la stabilità a temperatura ambiente senza la necessità di dover garantire la catena del freddo e la possibilità di essere somministrato molte volte, nel caso in cui le vaccinazioni anti-Covid debbano essere ripetute ogni anno". Ecco , appunto. Si torna alla questione dei richiami e dei volumi di produzione: i vaccini andranno ripetuti negli anni e quanti più ’antidoti’ saranno a disposizione tanto meno si rischierà di dover rallentare la campagna di protezione dal virus per carenza di dosi. Senza dimenticare il fatto che il progetto Rottapharm-Takis non si ferma al solo vaccino anti-Covid: l’idea è di realizzare una piattaforma tecnologica in grado di produrre vaccini anche contro altre malattie.