
Sono 11 le ditte di pompe funebri a Monza
Monza, 11 aprile 2020 - «All’inizio mi ripetevo che è solo il mio lavoro. Lo facevo per provare a non pensarci. Per tenere fuori dalla porta di casa tutto quello che i miei occhi vedevano, e vedono ancora, tutto il giorno. Ma tutti quei morti non li puoi dimenticare". Adesso il pensiero di tutte le vittime del coronavirus affollano la sua mente, soprattutto nel silenzio della notte. Fabrizio lavora per un’impresa di pompe funebri. Da un mese dorme poco o niente. Perché "non è più il nostro lavoro. È diventato qualcosa di ancora più doloroso, straziante e faticoso da affrontare e sopportare".
Fabrizio e i suoi colleghi tutti i giorni fanno i conti con la morte, con il dolore di madri, padri, mogli, mariti, fidanzati, figli. Eppure da quando è iniziata l’emergenza Covid "i familiari, i parenti, non li vedo più. E devo confessare che, da un certo punto di vista, è quasi una fortuna". La voce si ferma. Una lunga pausa che sfuma in un sospiro. Poi la voce riprende vigore. E il coraggio di raccontare che "le camere mortuarie degli ospedali sono piene. Anche quella del cimitero di Monza. Sembra di essere in guerra, in prima linea". Come nei film che raccontano il Vietnam.
«Quando ti chiamano i familiari e ti chiedono il “funerale” per il proprio caro, da quel momento è tutto compito nostro, dalla denuncia in Comune alla cremazione o sepoltura – continua Fabrizio -. La gente che ancora va in giro senza capire quello che sta realmente accadendo, dovrebbe venire al posto mio una mezza giornata. Vorrei fargli vedere gli sguardi stravolti del personale sanitario e pure tutti quei corpi, composti dentro un sacco con la targhetta del nome attaccata sopra. In alcune strutture, se non ci sono i sacchi, le salme vengono avvolte in lenzuola imbevuti di formalina. E non si pensi che è solo gente di una certa età". Ecco, "questo dovrebbe vedere chi se ne frega".
"È un dolore straziante – confessa Fabrizio – pensare a queste persone che si sono spente senza nessun familiare che gli potesse stringere la mano o dare un’ultima carezza d’amore. E allora cerchiamo noi di adagiarli nel modo più amorevole possibile".
Lavorano rigorosamente con guanti e mascherine. Senza sosta. "Di solito in un mese facciamo 30 funerali, a marzo ci ha chiamato una sessantina di persone – racconta -. Soltanto a Monza città siamo undici imprese, se ognuna ha raddoppiato come noi, il conto è drammatico". Ma "non puoi permetterti di abbandonarti al dolore". Perché "per le cremazioni ci sono attese anche di una settimana e dobbiamo andare a Cuneo o a Venezia se non più lontano". Chi, invece, decide per la sepoltura, la funzione al cimitero è essenziale. Solo un paio di parenti. Avvolti, tutti, in un "doloroso silenzio".