STEFANIA TOTARO
Cronaca

Cesano, uccisero padre: condannate madre e figlia

Pene ridotte in appello

Cesano, l'omicidio Marsiglia

Cesano Maderno (Monza), 3 novembre 2015 - Nessuna assoluzione per legittima difesa nè provocazione, ma pene ridotte dalle attenuanti generiche prevalenti perchè mamma e figlia erano da tempo vessate dai comportamenti del capofamiglia-padrone. E' quanto ha deciso la Corte di Assise di Appello di Milano, che ha abbassato a 13 anni e 8 mesi e a 12 anni di reclusione le condanne rispettivamente per Maria Rosa Saitta, 50 anni e la figlia Jessica di 25 anni, che nel marzo del 2014 hanno ucciso con una quindicina di coltellate e una trentina di martellate in varie parti del corpo il rispettivo marito e padre Salvatore Marsiglia, operaio disoccupato di 52 anni nell'abitazione familiare di via Pala Bianca a Cesano Maderno. Maria Rosa Saitta e Jessica Marsiglia erano state condannate rispettivamente a 20 e a 16 anni di reclusione nel processo con il rito abbreviato dal giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Monza Patrizia Gallucci, dove era stata concessa una provvisionale sul risarcimento dei danni di 50 mila euro alla sorella della vittima che si era costituita parte civile. Il giudice monzese aveva deciso di concedere alla ragazza le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante dello stato di parentela. I difensori di madre e figlia, ancora detenute in carcere, gli avvocati Alessandra D'Addea e Attilio Villa, hanno presentato ricorso in appello contro la sentenza di primo grado, chiedendo che le due donne venissero assolte per legittima difesa o quantomeno ottenessero la riduzione della pena per l'attenuante della provocazione. Salvatore Marsiglia e' stato infatti dipinto dalle familiari come un capofamiglia-padrone scontroso, dal carattere autoritario, abituato a dire sempre l'ultima parola, a volte anche offensiva, nei confronti della moglie e della figlia. Un carattere difficile che si era ancora piu' indurito da quando l'uomo aveva perso il lavoro e che negli ultimi tempi si era ritorto soprattutto verso la figlia e la sua decisione di andare a vivere con il futuro marito nell'appartamento dalla coppietta acquistato con un mutuo. I giudici milanesi hanno creduto a questa tesi e hanno deciso di concedere a madre e figlia non solo le attenuanti generiche, ma anche prevalenti sulle aggravanti contestate, facendo scendere le pene a 13,8 e 12 anni.