Camera con vista. Il Grand hotel dell’autodromo

Il lussuoso progetto negli anni Cinquanta sarebbe dovuto sorgere a Santa Maria delle Selve.

Camera con vista. Il Grand hotel dell’autodromo

Camera con vista. Il Grand hotel dell’autodromo

Correvano gli anni Cinquanta. La stagione della rinascita dopo la guerra. E anche il circuito puntava alto. Tanto che Sias - il “braccio“ di Aci che ancora oggi gestisce l’impianto della Formula 1 - attraverso una società appositamente costituita, la Grand Hotel dell’Autodromo, commissionò a uno studio milanese il progetto di “un moderno albergo di prima categoria della capacità di 100 letti nelle immediate vicinanze dell’Autodromo“. Un piano ambizioso da 328.600.000 di lire soltanto per la costruzione e altri 71.000.000 di lire per l’arredamento. Un patrimonio. E così, con il parere favorevole e la speciale raccomandazione dell’Ente Turismo di Milano, fu inoltrata domanda di finanziamento sotto forma di mutuo al Commissariato Turismo di Roma per una cifra complessiva di 182.050.000. Era l’ottobre del 1957. Serviva fare presto per l’imminente scadenza dell’opzione ottenuta per l’acquisto del terreno su cui avrebbe dovuto sorgere l’hotel. Cinque piani in fondo a via Santa Maria delle Selve, proprio all’ingresso di Biassono. Prima delle mura del Parco, a sinistra, sarebbe stato costruito l’albergo collegato con una passerella aerea a un giardino di 8mila metri quadrati, quello di Villa Litta. Lì avrebbero potuto trovare ospitalità “i numerosi frequentatori, pubblico, corridori, sportivi“. Del resto era una necessità. Come scrisse la stessa società Grand Hotel nella richiesta di mutuo, “dalla recente grande manifestazione della 500 Miglia di Monza i partecipanti americani, un gruppo di oltre 200 persone, hanno dovuto con grave disagio cercare alloggio in piccoli alloggi della zona o in alberghi di Milano distanti oltre 20 chilometri dalla pista". In effetti “in tutta la zona circostante non esiste alcun albergo di categoria superiore alla seconda né adeguatamente attrezzato“.

Ma quel prestito da Roma non è mai arrivato. E il progetto è finito a prendere polvere. Così come accantonato è stato il nuovo disegno del circuito per far tornare a correre le moto. Il Mondiale Superbike, nello specifico. Il progetto risale al 2015, quando alla guida dell’autodromo c’era l’imprenditore Andrea Dell’Orto, legato al mondo del motorsport. Un sogno affascinante quanto costoso. Non tanto in termini economici (allora si parlava di circa 5 milioni di euro), quanto di sacrificio di alberi. Perché il layout dell’ipotetico circuito prevedeva un passaggio all’interno del “bosco“ cresciuto nella zona della vecchia pista Pirelli, oltre al taglio di piante nei vari punti della pista in cui sarebbe stato necessario allungare la via di fuga.

M.Galv.