
Bimbo di 7 anni certificato Dva escluso dalla squadra di calcio dell'oratorio
Monza – Monza è una città all’insegna dell’inclusione, ma non sempre le cose vanno per il verso giusto. È la storia raccontata da una mamma di un bambino di 7 anni, certificato Dva (alunni diversamente abili o con disturbi dell’apprendimento e problemi vari). Nella diagnosi si aggiunge il consiglio di praticare attività sportive, il più possibile insieme ai compagni di scuola.
Per questo la famiglia, l’estate scorsa, lo aveva iscritto alle attività di una società sportiva all’oratorio. "Al piccolo è piaciuto, era contento di fare calcio con i suoi compagni di scuola", racconta la mamma. Così i genitori hanno richiesto l’iscrizione anche per l’anno scolastico in corso.
I responsabili, conosciuto il piccolo, hanno chiesto esplicitamente che per partecipare alle attività il bambino fosse seguito da un educatore personalizzato: faceva fatica a comprendere le consegne e aveva bisogno di una guida nelle relazioni con i pari. La famiglia non aveva modo di contattarne uno, quindi si è attivata la società, che ha trovato un’educatrice. "Ovviamente il costo della professionista è stato caricato a noi, per 35 euro a lezione, per due volte alla settimana, che abbiamo pagato di buon grado – prosegue la mamma –. Il nostro unico obiettivo era la socializzazione, niente velleità di gare o eventi super competitivi. Così l’attività è proseguita da ottobre fino a febbraio, evitando l’allenamento nelle giornate in cui l’educatrice doveva assentarsi. Poi il bambino ha dovuto interrompere la scuola calcio per una piccola operazione e al rientro, a marzo, abbiamo ricevuto la comunicazione che il piccolo non faceva più parte della società sportiva".
I genitori si dicono esterrefatti e non riescono a spiegarsi il motivo dell’esclusione, visto anche il contesto di oratorio, per sua natura inclusivo. La società sportiva, dal canto suo, ha spiegato di aver ripetutamente chiesto alla famiglia di mettere in contatto l’educatrice sportiva con l’assistente sociale del Comune che segue il piccolo a scuola, così da intraprendere un percorso condiviso.
"Per tutti coloro che hanno bimbi problematici, viene sempre richiesto il collegamento tra chi li segue a scuola e chi li ha in carico in attività extrascolastiche: una situazione di ansia o stress legata a un fatto successo a scuola o durante la giornata può causare rabbia o smarrimento che si possono poi manifestare anche più tardi – fa sapere la società – Perciò è bene che i professionisti si parlino".
La società dice di aver segnalato il problema sia alla mamma che al papà, che non ne sapeva nulla, e poi anche ai nonni. Alla fine, non trovando collaborazione dalla famiglia, si sono visti "costretti a lasciare a casa il bambino", anche perché quando aveva comportamenti ingestibili, faticava anche a rapportarsi con i compagni che perciò lo avrebbero evitato.