
E’ morto all’età di 93 anni Giuseppe Incorvaia, il padre del 34enne vicecomandante della caserma di Vimercate trovato senza vita il 16 giugno del ‘94 sulla sua Audi 80 nelle campagne della frazione da Oreno con un colpo di pistola alla tempia. Da allora ha combattuto perchè il ‘cold case’ della morte del brigadiere Salvatore Incorvaia venisse riaperto, nonostante 6 archiviazioni per suicidio. A dare la notizia del decesso del carabiniere in pensione è stato il criminologo Carmelo Lavorino, che negli ultimi anni ha affiancato Giuseppe Incorvaia e la sua famiglia, convinti che Salvatore sia stato ucciso perchè aveva scoperto una vicenda scomoda che coinvolgeva personaggi di alto livello. "La morte del brigadiere Salvatore Incorvaia è chiaramente un omicidio camuffato da suicidio, ciononostante il caso sia stato archiviato come “morte per atto suicidiario“ poiché gli inquirenti sbagliarono sin dall’inizio e i magistrati si allinearono ai loro sbagli", ha commentato Carmelo Lavorino.
Ad affiancarsi ai familiari del brigadiere come difensore nei primi anni di indagine è stato l’avvocato Francesco Mongiu, che sulla vicenda ha voluto invece soffermarsi sulle "razionali ed ineccepibili conclusioni cui giunse uno stimato gip del Tribunale di Monza, la dottoressa Fontana, la quale riconobbe che le indagini erano “caratterizzate da punti oscuri“, comunque “non eludibili stante il tempo trascorso“ – sostiene l’avvocato Mongiu – L’ordinanza della gip Fontana, che evidenziava le lacune investigative dei carabinieri, alle quali, visto il tempo trascorso, non poteva porsi più rimedio, fu atto di onestà giuridica, che lasciava “purtroppo“ aperto il campo ad ogni interpretazione". All’esame dei magistrati nelle ultime richieste di riapertura delle indagini perizie sulle tracce di sangue e sulla ricostruzione tridimensionale del luogo dei fatti ottenute attraverso nuove tecniche scientifiche.
Stefania Totaro