
Nicolas Vaporidis a Teatro
Milano, 25 novembre 2016 - Dieci anni fa non c’era ragazzina senza la sua foto nel diario. Nicolas Vaporidis: incubo di tutte le mamme italiane. Giovane seduttore col faccino da furbetto. Catapultato nel successo grazie a «Notte prima degli esami» di Fausto Brizzi. Da allora una carriera pop fra cinema e tv. Ultimamente un po’ di teatro. Come con la commedia “Finché giudice non ci separi” fino a domenica al San Babila con in scena il trentacinquenne attore romano insieme a Luca Angeletti, Toni Fornari e il regista Augusto Fornari. Ovvero quattro uomini separati in preda a dubbi e difficoltà. L’arrivo di una sexy vicina di casa (Laura Ruocco) renderà ancora più complicate le cose.
Nicolas, come è stato coinvolto nel progetto?
«È la stessa compagnia con cui lavoro da un po’ e quando Augusto Fornari mi ha proposto questo nuovo testo ho accettato di buon grado. È una commedia brillante sulle separazioni, credo riesca a veicolare qualcosa di più oltre alle risate».
In che senso?
«C’è chi esorcizza un suo vissuto o una sua paura attraverso il nostro lavoro. Attraverso quello che vede in scena. È qualcosa di ancestrale che però mi rendo conto non riguarda tutti. In tanti si limitano a ridere, altri forse trovano addirittura una chiave per andare avanti, una prospettiva diversa. E questo ci rende molto soddisfatti».
È questo il teatro che le piace?
«Mi piace fare cose che abbiano un senso. Anche mischiando entertainment e arte».
Funziona? «Abbiamo già fatto una sessantina di date, sta andando bene ovunque. Poi francamente è difficile parlarne, uno spettacolo andrebbe sempre visto. A differenza infatti del cinema, il teatro è qui e ora, non può essere ripetuto. Un po’ come Freddy Mercury a Wembley: o c’eri o non c’eri, non lo puoi recuperare».
Il teatro sembra avere un ruolo sempre più importante nella sua carriera. «Sono modi diversi di intendere il lavoro, uno stesso sport praticato in campi da gioco differenti. Per me un attore che non fa teatro è come un cantante che non fa concerti. Che senso ha? Stare in scena ti permette di avere quel tipo di contatto. Inoltre il cinema è fatto dai registi, il teatro dagli attori».
Qualcuno non sarebbe troppo d’accordo… Ma non le piacerebbe un bel ruolo classico? «Sono più orientato verso cose contemporanee. Mi interessano gli autori vivi, drammaturgie magari non innovative ma fresche. Credo siano utili anche per avvicinare un pubblico più giovane. Se ai ragazzi fai vedere tre ore di Shakespeare scappano».
C’è un po’ di snobismo nei suoi confronti? «Credo sia un discorso più legato ai critici, ai giornalisti, a qualche collega. Il pubblico ragiona in maniera diversa. Spesso sono abbonati anziani, che vanno nello stesso teatro da una vita. Vogliono divertirsi e guardano più o meno tutto quello che gli capita. Lo spettatore non ha pregiudizi. E se qualcosa gli piace ne parla con gli amici, fa scattare il passaparola a prescindere dai nomi in locandina».
Al San Babila fino a domenica ore 20,30