RUBEN RAZZANTE*
Milano

Nullo per Trump l'effetto social

Milano, 17 novembre 2016 - TRA I LUOGHI comuni più diffusi nei commenti sulla vittoria di Trump ne circola uno che merita qualche riflessione: il nuovo presidente degli Usa avrebbe trionfato grazie ai social come Facebook, capaci di orientare a suo favore la sfida contro Hillary Clinton. Bisogna chiarire che vincere sui social non vuol dire essere stati aiutati sui social. Se il repubblicano ha prevalso come numero di contatti e post non è perché i responsabili di quei social network si siano attivati in suo favore, ma perché un maggior numero di utenti ha ritenuto di citare lui anziché la sua rivale. E poi bisognerebbe valutare il tenore dei contenuti diffusi. Una scuola di pensiero ritiene che Facebook, Instagram, Twitter e altri non abbiano oscurato alcuni messaggi che favorivano Trump e che ciò confermi l’inadeguatezza dei gestori di questi servizi nel frenare la disinformazione e la diffusione di notizie false. Ma si tratta di conclusioni che ignorano l’essenza anarchica della Rete.

SUI SOCIAL la libertà di manifestazione delle opinioni è massima e non schematizzabile entro categorie rigide. Sui singoli punti programmatici di un candidato si creano consensi trasversali e imprevedibili che rendono impossibile influenzare il voto finale degli utenti. E la quantità di post e commenti non è necessariamente indice di consenso. Esistono contenuti denigratori ma anche contenuti encomiastici che, tuttavia, finiscono per produrre l’effetto opposto a quello sperato. Inoltre, il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, nel 2013 è stato consigliere per la comunicazione e alto commissario per la vita privata di Obama e dunque appare quanto meno azzardato sostenere che tirasse la volata a Trump. Comunque sia, i social non sono in grado di esercitare un controllo preventivo sui contenuti postati e non sono giuridicamente tenuti a farlo. Devono rimuovere quelli ritenuti contrari alla legge e solo a seguito di una denuncia della parte lesa. La condivisione non patisce limiti se non quelli previsti dal diritto. In ogni caso sia Google che Facebook stanno correndo ai ripari, chiudendo i rubinetti della pubblicità ai siti che veicolano notizie false. Ma la strada per ripulire la Rete è ancora lunga. *Docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano