ALICE NIDASIO
Inter

Si ritira Eto’o, mister Triplete. Con lui l’Inter diventò invincibile

A 38 anni lascia uno dei più forti bomber degli anni 2000: ‘Ora nuove sfide

Samuel Eto’o ai tempi dell’Inter

Milano, 8 settembre 2019 - E’ il 16 marzo 2010. Stamford Bridge. Minuto 77 di Chelsea–Inter. Samuel Eto’o raccoglie il pallone servito da Sneijder, trova l’angolino tra il palo e il portiere e cambia per sempre la storia nerazzurra. Molto più di un pass per i quarti di finale di Champions; molto più di un semplice gol, la prodezza del camerunense in terra londinese. Quella notte il numero nove interista ha preso per mano una squadra convincendola di essere invincibile, ha abbracciato i suoi tifosi e gli ha chiesto di non avere paura. E così è stato, da quella gara che è diventata l’inizio della marcia fino a Madrid. In nerazzurro arriva nell’estate del 2009, nell’operazione che porta Ibrahimovic alla corte blaugrana. E ad Appiano Gentile si presenta dicendo di voler «Fare la storia». La storia Samuel Eto’o l’ha fatta davvero nell’Inter di Massimo Moratti e José Mourinho: 102 presenze, 53 reti e un ruolo da protagonista in ogni trofeo sollevato all’ombra della Madonnina. Uno scudetto, due volte la Coppa Italia, una Supercoppa italiana, un Mondiale per club, ma soprattutto quella Coppa con le orecchie che mancava da 45 anni al popolo del Biscione.

Una storia d’amore durata solo due anni, ma vissuta intensamente e costellata di momenti incancellabili nella memoria di tutti gli interisti. Segnava tanto, Eto’o, ma chi non ricorda i suoi ripiegamenti difensivi nei momenti decisivi che ne facevano un uomo squadra inimitabile? Le immagini non si contano: la più famosa è quella che lo ritrae seduto in mezzo al prato del Bernabeu, sorridente e sfinito dopo il 2-0 al Bayern Monaco con sciarpa nerazzurra e bandiera del Camerun sulle spalle; ma non ci si può nemmeno scordare della sua esultanza coi sacchetti in mano per la conquista del Mondiale per Club ad Abu Dhabi e del suo «furto» al fotografo dopo la tripletta al Werder Brema nell’ottobre 2010. L’ultimo anno a Milano, prima di trasferirsi all’Anzhi; poi Premier League, una breve parentesi ancora in Serie A con la Sampdoria, e infine Turchia e Qatar. Da laggiù ha deciso di smettere Samuel Eto’o.

Dopo diciannove trofei, più di quattrocento gol, tre Champion’s League, il primato di unico giocatore nella storia a centrare il Triplete con due squadre diverse (Barça l’anno prima dell’Inter), un oro olimpico con la sua Nazionale a Sydney 2000 e due volte la Coppa d’Africa. Basterebbero i numeri per definire il suo cammino leggendario, ma ciò che ha reso indelebile l’impronta del Re Leone in questo sport è stata l’aura del campione, che lui stesso ha alimentato con dedizione in ogni tappa del suo percorso. E che l’ha portato, dal villaggio del suo paese natale (Kadji) all’Olimpo dei giocatori più forti di sempre.