Zangrillo: “Posto fisso? Lasciamolo a Checco Zalone. I giovani puntano al lavoro figo”

Il ministro della Pubblica amministrazione ha detto che i ragazzi italiani cercano soprattutto l’equilibrio tra vita privata e un “lavoro capace di valorizzarli”

Il ministro Paolo Zangrillo (a destra) la scena del film Quo Vado a cui ha fatto riferimento

Il ministro Paolo Zangrillo (a destra) la scena del film Quo Vado a cui ha fatto riferimento

“Io direi che il mito del posto fisso lo lasciamo a Checco Zalone", ha detto il ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo – fratello di Alberto, medico di Berlusconi e presidente del Genoa – alle ragazze e ai ragazzi della Scuola di amministrazione aziendale di Torino. Il politico ha voluto citare l’ormai celeberrima battuta che Lino Banfi pronuncia nel film Quo Vado di Zalone: “Il posto fisso è sacro, non si lascia mai!”.

“Oggi – ha chiarito Zangrillo – i giovani non cercano la stabilità, cercano un virtuoso equilibrio tra l'attività professionale e la loro vita privata. Quindi quando cercano il posto di lavoro non si accontentano di un posto fisso, vogliono avere un lavoro che sia ben retribuito, capace di valorizzarli, che dia loro delle opportunità di crescita e che sia capace di bilanciare l'aspetto professionale con quello della vita privata”.

Quindi, ha riassunto il ministro durante la sua lectio magistralis, “il mito del posto fisso sta per essere soppiantato dal mito del lavoro figo”. Parlando di stipendi ha detto che “il tema della retribuzione è una delle voci su cui lavorare per rendere attrattiva la Pubblica amministrazione. Il vero problema è accompagnare la crescita retributiva delle persone come avviene nel settore privato e una delle chiavi è il merito”.

Ed è proprio sul merito che il ministro si focalizza quando dice che “dobbiamo rendere la Pa un’organizzazione capace di valorizzare il merito. I nostri giovani, quelli bravi e con talento, lasciano l'Italia perché hanno la sensazione che questo Paese non sia capace di valorizzarli. Per valorizzare le persone dobbiamo garantire loro un’organizzazione capace di dare loro formazione, e quindi fare in modo che le persone possano crescere dal punto di vista delle competenze, che si traduce in capacità, in saper fare e quindi nella possibilità di ambire all’ascensore sociale nell’organizzazione”.

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