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La sentenza: il rider di Deliveroo deve essere assunto con contratto del settore Terziario

Il Tribunale di Milano ha stabilito che non si tratta di lavoro autonomo. La replica dell'azienda: "Faremo appello"

Aula di tribunale

Aula di tribunale

Orari, tempi, retribuzione... Era tutto fuorché "autonomo". Quindi il rider (uno dei lavoratori che portano il cibo a domicilio in bicicletta) deve essere assunto.  l'azienda lo deve fare inquadrandolo nel contratto del settore Terziario. E' quanto ha stabilito il Tribunale di Milano con una sentenza che il sindacato di categoria Uiltucs considera "pilota".

"Il lavoro del rider? È subordinato,con il riconoscimento delle tutele che un lavoro dipendente comporta, in tutto e per tutto. Non solo: il fattorino deve essere assunto con il contratto collettivo nazionale del Terziario. Ha vinto su tutta la linea il lavoratore del food delivery che ha portato in causa Deliveroo Italia. Assistito dai legali dello studio Paganuzzi per conto della Uiltucs, Unione italiana dei lavoratori di turismo, commercio e servizi che si occupa dei lavoratori della Gig Economy, il rider ha presentato un articolato e motivato ricorso con il quale chiedeva l’accertamento della natura subordinata del rapporto lavorativo: un lavoro subordinato, full time, per il quale il fattorino aveva diritto anche al riconoscimento di differenze retributive", spiega una nota della Uiltucs.

La vicenda

"Tutto è nato nel 2018, anno in cui il fattorino aveva stipulato con Deliveroo Italia srl un contratto formalmente denominato'contratto di lavoro autonomo'; la prestazione era tuttavia caratterizzata nei fatti da ben poca autonomia. Da qui l’esigenza di rivolgersi al sindacato, e valutatala situazione insieme alla Uiltucs, di fare ricorso. Secondo il rider la subordinazione c’era eccome. E anche il Tribunale di Milano, con la sentenza n.1018/2022 del 20 aprile 2022, è stato dello stesso avviso", spiegano dalla Uil.

La sentenza

Si legge nella sentenza che “dalle risultanze probatorie è possibile inferire che l’attore,quale rider di Deliveroo Italia, lavori all’interno e per le finalità di un’organizzazione della società titolare della piattaforma, sulla quale non può esercitare alcuna influenza, senza avervi interesse e senza assumere alcun rischio d’impresa”.

Poca autonomia

Inoltre è stato accertato che la prestazione risultava completamente organizzata dall’esterno con un’incidenza diretta sulle modalità di esecuzione, sui tempi e sui luoghi”, quindi non dipendente esclusivamente dal rider, e che “l’accesso alle fasce orarie di prenotazione non era libero,ma era condizionato dal punteggio posseduto dal rider, secondo gli indici di prenotazione”. Per non parlare del fatto che “il rider veniva penalizzato con decurtazione del punteggio per il ritardo…”.

L'inchiesta

Un anno fa un'indagine condotta a Milano, e partita dalla questione sicurezza dei raider, era sostanzialmente giunta alle stesse conclusioni determinando la necessità che 60mila rider venissero assunti dalle varie piattaforme.

Le vertenze

"Tutti questi elementi sono stati a lungo oggetto di trattativa tra le parti sociali e in varie occasioni vi ha puntato i fari Mario Grasso, che per la Uiltucs nazionale segue proprio queste vicende", spiegano dal sindacato. 

Sentenza pilota

“Ora – dice Grasso – abbiamo uno strumento in più, una sentenza che riconosce quello che da tempo affermiamo: questo è un lavoro subordinato, i rider hanno diritti e devono avere le tutele che spettano loro. Ci auguriamo che la linea coerente del riconoscimento dell’applicazione del Ccnl Terziario sia seguita anche da altre piattaforme e realtà. Noi ci batteremo sempre affinché i diritti, come in questo caso, vengano affermati”.

I commenti

Grande soddisfazione anche di Brunetto Boco, segretario generale UILTuCS nazionale. “Siamo pronti – afferma – a fare il passo successivo:lavorare per dotare la categoria di un proprio contratto affinché i lavoratori abbiano gli strumenti normativi e legislativi adeguati per tutelarsi nel modo più appropriato e lavorare in sicurezza”.

Passi avanti, quelli indicati di Boco, che riconosce e condivide anche Michele Tamburrelli, segretario generale UILTuCS Lombardia, riconoscendo il valore aggiunto della “sentenza del Tribunale di Milano nei diritti dei lavoratori impegnati nelle consegne a domicilio”. L’uso, spiega, “di un algoritmo nella prestazione lavorativa non può essere un alibi per eludere gli elementi di subordinazione impliciti in questo rapporto di lavoro”. “L’applicazione – conclude Tamburrelli - del contratto collettivo del terziario, al rapporto di lavoro, fa ben sperare sulla possibilità di tutelare e rappresentare ulteriormente i lavoratori di questo settore”.

La replica di Deliveroo

“La decisione del Tribunale del Lavoro di Milano è relativa a un solo rider, rappresenta un caso unico per Deliveroo in Italia ed è in contrasto con praticamente tutte le altre sentenze dei tribunali italiani. Si basa su un vecchio modello che la società non ha più da diversi anni e questa decisione non ha alcun impatto sul modello operativo attuale. Non siamo d'accordo con la decisione del giudice e faremo appello”. È quanto dichiara Matteo Sarzana, General Manager di Deliveroo Italy, in relazione alla sentenza del Tribunale del Lavoro di Milano sul caso individuale di un rider. “Deliveroo lavora con rider autonomi in Italia in base al contratto collettivo nazionale del lavoro firmato da AssoDelivery e il lavoro autonomo assicura la flessibilità che decine di migliaia di rider ci dicono di volere”.