
Raul Cremona
Milano, 2 gennaio 2016 - «Sarà stato il 1964. Mi regalarono una scatola bellissima, comprata alla UPIM, tutta nera con sopra carte, cilindro, bacchetta. C’era tutto l’occorrente per imparare a fare i primi trucchi. Fu in quel momento che mi entrò in circolo il bacillus magico e non sono più guarito». Malattia pericolosa. Pericolosissima. Non passa neanche con dosi massicce di antibiotici di cabaret. Almeno a vedere la carriera di Raul Cremona, uno che si associa sempre al mondo di Zelig. Ma che nel suo cuore è un mago fatto e finito, presidente del Clam, il Club di arte magica di Milano. Tanto che stasera al Manzoni debutta con il suo “Festival della magia”, prima edizione di un varietà dal sapore antico. Fin dalla locandina. Con Cremona nei panni del mago e del presentatore, circondato da un bel gruppo di artisti: Carillon, Zio Potter, Ottavio Belli, Mirco Menegatti, Shezan, Gaia Elisa Rossi e Felipe.
Cremona, come mai ha pensato addirittura a un festival di magia?
«Io giro molto, vado ai congressi, a luglio ero a Rimini per i Mondiali di Magia. In queste occasioni alla sera salgono sul palco si alternano 6-7 artisti, con grande entusiasmo del pubblico. E allora ho pensato: ma perché non provare a fare la stessa cosa anche a Milano? Il Manzoni è perfetto, sia per prestigio, sia per tradizione visto che è da sempre legato all’intrattenimento».
Fa il Pippo Baudo della situazione?
«Sì, presento, faccio qualche gag col pubblico, riprendo alcuni personaggi. Alla fine è un grande varietà dove si trova di tutto: dagli illusionisti ai prestigiatori a quelli che lavorano con le colombe. Un family show, aperto anche ai bambini dai tre anni in su. Ci si diverte in maniera garbata, senza volgarità».
Ma la magia non è passata di moda?
«No, piace tantissimo. È una disciplina del teatro, un linguaggio universale, come la musica: le note sono quelle eppure assumono forme sempre diverse. Senza contare che ci trovi molta più creatività di altri settori, la magia è meno scontata ad esempio della stand up comedy. Una cosa in cui è cambiata è l’oggettistica: magari nei numeri si usa l’iphone invece del portafoglio…».
Qual è la sua specialità?
«Io sono sempre stato attratto dalle mani, già ai tempi di Silvan con “Scala Reale” o dell’altra trasmissione tv per ragazzi “Occhio al trucco”. Ma è come col jazz, ci sono decine di generi diversi. Io adoro il cool, gli altri mi appassionano meno».
In tanti invece si gettano sugli spettacoloni d’illusionismo. «A me piace tornare ogni volta alla condizione naturale del teatro, al fascino del confronto diretto, del pubblico che scruta per capire il trucco. Alcuni fanno grandi show pieni di effetti speciali nei palazzetti dello sport, io preferisco le atmosfere dei teatri all’italiana, 400-500 persone al massimo. Quasi fossimo ancora nell’Ottocento, senza elettricità».
Da oggi al 6 gennaio alle 20.45 al Teatro Manzoni (via Manzoni 42).
di DIEGO VINCENTI