GIAN MARCO WALCH
Cultura e Spettacoli

'Giro Giro Tondo - Design for Children': creatività e fantasia restino giochi da ragazzi

Nel ’59 al Salone del Bambino per la prima volta Tortorella indossò i panni di Mago Zurlì

Una delle opera

Milano, 1 aprile 2017 - Il dilemma si è protratto, irrisolto, si può dire per tutto il secolo scorso, finché soltanto gli ultrà di entrambi i campi non si sono arresi a un realistico, sensato compromesso. Un dilemma di ordine psicologico, anzi, piú squisitamente pedagogico: come educare un bambino? Disciplinarne la pericolosa irrequietezza applicando la piú rigorosa legge del “nome del padre”, assolvendosi magari con l’alibi di prepararlo alle inevitabili durezze dell’età adulta, lavorativa? O quell’irrequietezza lasciarla libera di proporsi come potenzialità creativa e proficua?

«A ben pensare - scrive Silvana Annicchiarico, direttrice del Triennale Design Museum - anche la storia del design si è dibattuta a lungo in un dilemma non molto dissimile e si è trovata a dover affrontare un analogo aut aut. Contenere il progetto entro i codici e le regole della razionalità o dar libero corso alle emozioni?». In questo filone di pensiero, indagando i rapporti magari inattesi fra le due discipline, e finendo per prediligere naturalmente la seconda ipotesi, Annicchiarico ha ideato e diretto la decima edizione del Triennale Design Museum.

E già il titolo della ricca mostra apertasi ieri in viale Alemagna non lascia adito a dubbi: “Giro Giro Tondo - Design for Children”. Titolo, a ben pensare, felicemente ambiguo: i bambini, quando giocano (forse, nell’era dei “nativi digitali”, sarebbe meglio dire quando giocavano) possono inventare nuove regole, ma che siano ferree. E se il logo della manifestazione è una rivisitazione di Giorgio Camuffo di “Quadratino”, il famoso personaggio per l’infanzia nato nel 1910 dalla fantasia del grande Antonio Rubino e portato al successo dal “Corriere dei Piccoli”, il titolo è anche un omaggio in tempo reale a Stefano Giovannoni, il designer che firma l’allestimento della mostra, confermando una volta di più il suo spirito ludico: il suo omino stilizzato, ideato nel 1989, ora atleta, ora portauovo, è stato prodotto e venduto in dieci milioni di pezzi. D’altronde la Triennale non è nuova a porre l’accento sulla centralità del bambino come personcina autonoma: fu proprio il Palazzo dell’Arte a ospitare nel 1959 il primo Salone del Bambino. Contesto in cui l’appena scomparso Cino Tortorella indossò per la prima volta gli azzurri abiti del Mago Zurlì, grande cerimoniere dello “Zecchino d’Oro”. Altri due omaggi aprono il percorso di “Giro Giro Tondo”. Quello al sommo Bruno Munari: Alberto Quercetti ha realizzato una gigantografia di Munari che guarda attraverso due bicchieri, un milione di chiodini in apparenza bianchi e neri, in realtà multicolori: la realtà non è mai univoca, dipende dal nostro sguardo. E il ricordo di Fortunato Depero, autore nel 1918 del dirompente “Teatro dei Balli plastici”. Poi, dopo i divertenti “Nano” di Starck o “Piede” di Pesce, si susseguono le sei sezioni della mostra: arredi, giochi, architetture, segni, animazioni e strumenti. Fra un Magic Rabbit, un Bunny o un Pinocchio. Tutti magici.