DIEGO VINCENTI
Cultura e Spettacoli

Enrico Dalceri, una vita da Mabilia. Io, i Legnanesi e la prima volta: "Mi buttarono in scena, che choc"

L’intramontabile formazione riempie la platea del Teatro Repower da domani al 18 febbraio. "Comprano il biglietto prima di conoscere la trama. Il segreto? Parliamo a tre generazioni"

I Legnanesi

I Legnanesi

Una vita nei panni della Mabilia. La figliola matta dei Legnanesi. Mica facile per Enrico Dalceri. Che questa volta rischia addirittura di far finire i Colombo in galera nel nuovo spettacolo "7°… non rubare". Al suo fianco Italo Giglioli e, ovviamente, il regista Antonio Provasio. Per un testo di Mitia Del Brocco che intreccia la tradizione lombarda del cortile con le atmosfere della serie tv "Mare fuori", il tutto condito dai consueti numeri da rivista. Insomma: i Legnanesi al quadrato. Da domani al 18 febbraio al Teatro Repower.

Dalceri, come si riesce a stare in scena un mese e mezzo?

"Credo che il segreto sia riuscire a parlare a tre generazioni diverse, grazie a una comicità non volgare che permette a famiglie e bambini di venire a teatro. C’è la curiosità di dare un’occhiata a un fenomeno che va avanti ormai da più di settant’anni. E poi per tanti non è Natale senza i Legnanesi. Il pubblico compra il biglietto ancor prima di conoscere la trama".

Lei è entrato in compagnia a metà anni 80, come ballerino. "Sì, andai a vederli a teatro ed era incredibile osservare quanto si divertissero. Volevo essere parte del progetto. Parlai così con Felice Musazzi che mi disse di presentarmi la sera per una prova. Mi truccarono, mi fecero indossare il costume di un ragazzo che era appena partito per il militare e mi buttarono in scena. Letteralmente. E io ero lì, senza sapere nulla, che cercavo di cavarmela in qualche modo con un collega che mi suggeriva a fianco".

Un battesimo del fuoco.

"Qualcosa di incredibile a pensarci. Anche se all’epoca i numeri erano molto più semplici". Quando diventa la Mabilia?

"Nel 1999 Antonio Provasio mi propose di interpretare il ruolo che era sempre stato di Tony Barlocco, nonostante non avessi mai recitato. Ho provato subito a farlo alla mia maniera, non imitando nessuno. E ora sono 25 anni…".

Come la descriverebbe?

"È la tipica bambocciona italiana che vuole un marito ricco, simpatico e bello. Ma visto che non lo trova mai, rimane attaccata ai genitori. Devo però ammettere che c’è dentro molto di me nel personaggio, in questa allegria usata per nascondere i problemi, nelle urla quando si arrabbia. È personaggio di rottura, che spacca l’equilibrio composto dalla Teresa e dal Giovanni, marito sottomesso".

E li spedisce in tribunale...

"Nel secondo tempo, s’immagini. Tutto nasce perché la Mabilia partecipa a un concorso benefico e i Colombo si ritrovano a prendersi cura di un ragazzo problematico che commetterà un furto. È un testo moderno, che si basa sempre sulla nostra tradizione del cortile ma aggiunge il tocco d’innovazione".

C’è qualcosa che farebbe diverso?

"La macchina gira che è una meraviglia, meglio non toccare niente se il motore funziona tanto bene".

La serata più bella?

"Il debutto. Ritrovarmi nei vestiti di Tony, che aveva più o meno la mia stessa corporatura, indossare ancora oggi le sue scarpe è un pensiero che continua a commuovermi dopo tanto tempo. Un confronto impossibile per un ragazzo autodidatta come me, che mi ha creato anche molta ansia e giudizi. Ma è andata bene. E quell’emozione grandissima oggi me la tengo stretta".