ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Dream Theater, la moda passa lo stile rimane: al Forum 25 anni di successi

Dopo gli incubi distopici dell’orwelliano “The Astonishing Live”, i Dream Theater tornano al classico

Dream Theater

Milano,4 febbraio 2017 - Dopo gli incubi distopici dell’orwelliano “The Astonishing Live” depositato tra i velluti degli Arcimboldi un anno fa, i Dream Theater tornano al classico. E stasera calano al Forum per celebrarsi celebrando i 25 anni dell’album che li ha resi un riferimento imprescindibile del prog-metal; quell’ “Images and Words” che ripropongono per intero nella seconda parte dello show affiancandolo, nella prima, ad altre hit sempiterne del loro repertorio e, nel bis, ai sette movimenti di “A change of season”. Quel che basta, insomma, a legittimare un titolo onnicomprensivo come Images, Words & Beyond Tour.

Non più, quindi, la minaccia tecnologica dei Nomacs, i droni con cento occhi e cento orecchi elettronici in azione sui maxischermi dello spettacolo visto alla Bicocca, ma un viaggio alle origini, quando tre anni dopo il debutto di “When dream and day unite” la band americana, congedato il cantante Charlie Dominici, si mise alla ricerca di un nuovo frontman e, dopo quasi duecento audizioni, s’imbatté in Kevin James LaBrie, divenuto poi solo James LaBrie per evitare omonimie con il tastierista del tempo Kevin Moore. “Pull me under” rimane il titolo scolpito nella pietra di quell’album.

«Al tempo non ci rendemmo assolutamente conto di aver scritto una hit» spiega il chitarrista John Petrucci. «Per noi ‘Pull me under’ era solo un buon brano di progressive metal. Siamo stati tutti, infatti, grandi fan degli Yes e dei Rush sul versante prog, ma pure dei Metallica e degli Anthrax su quello metal. Venne fuori questa cosa, che suonava bene ma non aveva certo le caratteristiche di un brano pop, a cominciare dalla durata di otto minuti e passa. Un po’ tutto l’album, però, era altro rispetto ai tradizionali standard commerciali. E quando cominciammo con i concerti, ‘Pull me under’ divenne subito il pezzo più richiesto. Fummo costretti a girare precipitosamente il video del brano sul palco di un club, in una delle tante tappe del tour, perché ce lo richiedevano da tutte le parti. All’inizio pure ‘A change of seasons’ avrebbe dovuto far parte di ‘Images and Words’, ma la casa discografica, temendo che avrebbe appesantito l’ascolto dell’album, bocciò l’idea: questo è il motivo che ci spinge a riproporla nel bis».

Il maggior contributo dato da Petrucci e compagni alla musica è probabilmente l’alto livello qualitativo con cui sono riusciti a fondere metal e prog-rock. «Si tratta di due generi che, di solito, non vanno assieme» ammette il chitarrista di Long Island. «Chi sta dalla parte di Black Sabbath, Iron Maiden o Judas Priest ben difficilmente potrà propendere anche per gente come Dixie Dregs o i Gentle Giant. Noi, invece, siamo riusciti a sovrapporre le due cose pescando fans in una direzione e nell’altra». Diceva l’ex batterista della band Mike Portnoy che la longevità dei Dream Theater è dovuta forse al non essere mai stati di moda. «Le band che si aggrappano a stili o tendenze diventano, infatti, storia non appena quella moda finisce» spiegava. «Nel ‘91 pensavamo solo a suonare i nostri strumenti e a scrivere musica onesta, senza curarci troppo di quello che andava di moda. Anche se questo riduce ovviamente le possibilità di avere successo in tempi rapidi, perché non puoi qualificarti come un prodotto mainstream. Nel lungo termine, però, rimanere se stessi diventa una formula vincente».