REDAZIONE MILANO

"Milano, posto giusto al di là di Expo"

Intervista a, Philip T. Reeker, console generale degli Stati Uniti a Milano di GIULIA BONEZZI

Il console Philip T. Reeker con il suo predecessore (Newpress)

Milano, 9 marzo 2016 - Non solo la capitale economica, ma una città globale, e d’arte, di cultura: così è Milano vista da un certo particolare ufficio dal palazzo ex Montecatini di Gio Ponti. Lo sguardo è speciale perché è quello di Philip T. Reeker: 51 anni, al Foreign Service dal ’92, esperto di Balcani (è stato anche ambasciatore in Macedonia), da settembre 2014 è console generale degli Stati Uniti a Milano. Un Consolato solo quattro anni più giovane dell’Italia unita, punto di riferimento per tutto il Nord dove vivono, e si può solo stimare, circa 60 mila cittadini americani.  Console Reeker, ha appena compiuto 18 mesi a Milano. «Sono tornato da poco da New York, ero a un summit annuale sulle opportunità d’investimento tra Stati Uniti e Italia: Milano è certamente la capitale economica e del Nord, molte aziende e le principali istituzioni finanziarie hanno il loro quartier generale italiano qui. L’American Chamber of Commerce in Italy ha celebrato l’anno scorso il centenario, il Consolato i 150 anni». Cosa pensano gli investitori dell’Italia adesso? «Le riforme messe in atto dal Governo Renzi sono viste in maniera positiva, si confida che renderanno l’Italia più competitiva. Credo avremo più investimenti in entrambe le direzioni, in Italia vedo molte opportunità e credo le vedranno anche molti investitori americani». Quali sono i settori attrattivi? «L’Italia è nota per i prodotti di qualità, il Nord è ricco di piccole e medie imprese manifatturiere innovative. Milano è leader per il design e la moda». Chi sono gli americani a Milano? Uomini d’affari? Creativi? «Non solo. Penso sia una combinazione di business e legami di lungo periodo tra i due Paesi. Molti hanno la doppia nazionalità: i loro genitori o i nonni sono emigrati e loro hanno deciso di tornare. Per lavoro, perché hanno sposato un italiano o per altre ragioni, forse anche la bellezza, il cibo. Quella di Milano è una comunità variegata e interessante. E poi ci sono i cittadini Usa “di passaggio”: turisti, studenti, militari di stanza nelle nostre basi di Aviano e di Vicenza, al Comando Nato di Solbiate Olona». Quali sono i problemi più comuni per i quali si rivolgono al Consolato? «Gli stessi di chiunque viva all’estero: l’autenticazione di documenti, il rinnovo dei passaporti, la registrazione di nascite e morti, le informazioni e la registrazione per votare, l’assistenza per problemi legali, o di salute. La nostra sezione consolare, competente per tutto il Nord, è quella che segue più casi in Italia». Più di Roma? «Sì». Lei ha vissuto a Roma, sua moglie lavora all’Ambasciata. «Ed è membro platinum del FrecciaClub... Ma anche io quando vado da lei preferisco il treno: lo trovo confortevole, efficiente e puntuale». Puntuale? «È capitato anche che avesse due minuti in anticipo! L’alta velocità è incredibile, davvero un investimento infrastrutturale illuminato dell’Italia. Ha cambiato il modo in cui le persone si spostano, reso più dinamico il Paese». Un confronto Milano-Roma? «Mia moglie e io pensiamo sia un’esperienza straordinaria poter vivere qualche anno in entrambe le città. Sono stato prima a Roma come turista, la prima volta a sette anni, e lì molti anni dopo ho chiesto a mia moglie di sposarmi. Roma ha la magìa, Milano il dinamismo. Mi ricorda città mitteleuropee in cui ho vissuto e lavorato: Berlino, Vienna, Budapest. Ed è una città globale, questo si riflette anche nei suoi ristoranti». Siamo ancora “a place to be”, come si diceva durante l’Expo? «Assolutamente sì. E questa Expo, con i suoi quasi 22 milioni di visitatori, ha portato il mondo a discutere di temi importantissimi. Come hanno sottolineato durante le loro visite la First Lady Michelle Obama e il segretario di Stato John Kerry, la food security è una sfida cruciale accanto a quella del clima: l’impegno a “nutrire il pianeta” in modo sostenibile può essere la svolta per le generazioni future».  A Milano se l’aspettavano in pochi questo successo. «L’ho notato, quando sono arrivato ho visto persone ancora scettiche, a volte ciniche. Ed è stato interessante osservare poi il cambiamento d’atteggiamento, vederle diventare entusiaste quando hanno realizzato cosa stava accadendo a Milano». Il grande evento quest’anno sarà la finale di Champions League... Segue il calcio? «Sì, sono stato diverse volte a San Siro: per il derby, a dicembre per Inter-Lazio... Quando Milan e Inter affrontano squadre di fuori tengo sempre per quella di Milano». E tra Milan e Inter? «La risposta alla sua domanda è “New York Yankees”». Diplomatico. «Devo rimanere neutrale. Però c’è un altro grande evento a Milano quest’anno: l’Esposizione internazionale della Triennale, che ospiterà anche l’International Council of Museums, con direttori dei musei di tutto il mondo. Una delle cose che amo di questa città è la sua eccezionale vita culturale: musei come Palazzo Reale, che sembra avere una mostra nuova ogni settimana o due, fantastiche istituzioni come Brera e l’Ambrosiana... Adoro scoprire anche piccole realtà come il Poldi Pezzoli, il Bagatti Valsecchi, o novità straordinarie come la Fondazione Prada. E il Museo della scienza e della tecnologia: sorprendente. Anche questo è il dinamismo di Milano, credo che molti americani ci vengano solo per i musei. Anch’io se avessi più tempo lo passerei lì». Nei musei? «Amo anche la musica, l’ultimo fine settimana con mia moglie siamo andati a tre diversi concerti, dal Blue Note all’Orchestra Verdi. E poi mi piace visitare il Castello, passeggiare al Parco Sempione, al Cimitero Monumentale...» Al Monumentale? «L’ho scoperto il primo giorno intero che ho trascorso a Milano. Il mio primo weekend è stato: Forum Ambrosetti a Cernobbio, poi Gran Premio a Monza e infine cimitero. È così tranquillo. E ha un’architettura incredibile». L’evento più importante per gli americani, anche quelli che vivono a Milano, quest’anno sono le elezioni di novembre. «Non solo per noi. Nel 2008 ero in Macedonia: l’elezione di Barack Obama, il primo presidente afroamericano della storia, è stata storica non soltanto per gli Stati Uniti. Ha catturato l’attenzione e l’immaginazione di tutto il mondo. Ma le elezioni americane sono un fenomeno globale sempre».