
L’agente di custodia Andrea Schivo
Milano, 12 novembre 2020 - La voce narrante è quella di Annalena Benini, giornalista e scrittrice. E la storia, intensa, commovente, sarà quella di Andrea Schivo, agente di custodia a San Vittore, deportato e morto nel lager di Flossenburg, in Germania, il 29 gennaio 1945, raccontata, stasera, alle 20,30 su Rai storia. A Schivo, prima che scoppiasse la pandemia, è stato dedicato uno dei sampietrini in ottone che segnano le abitazioni o i luoghi di lavoro di persone che sono state vittime delle persecuzioni. Alla presenza della senatrice Liliana Segre. Ed è stata la prima volta in Europa (il progetto è di Gunter Demnig) , che si è scelto di mettere proprio lì, davanti ad un carcere, in piazza Filangeri 2, la pietra d’inciampo; la prima volta per ricordare una guardia carceraria, l’agente Schivo, e la sua tragica sorte. Arrestato perché scoperto ad aiutare i detenuti ebrei e i loro figli a San Vittore, "soccorrendoli con delle uova, marmellata, frutta, di tutto quanto poteva essere possibile e utile".
«Sapere che questo uomo portava il pollo cucinato dalla moglie per alleviare le sofferenze dei detenuti mi ha commossa", racconta Annalena Benini che ha scritto i testi di questa docu-serie storica in sei episodi insieme a Lorenzo De Alexandris, Leyla Monanni, Nunzia Scala, ideata da Simona Ercolani e prodotta da Stand By Me. La regia è di Claudio Pisano. Schivo nasce nel 1895 a Villanova d’Albenga (SV), partecipa alla Prima Guerra Mondiale, durante la quale viene ferito. Come risarcimento, ottiene dallo Stato italiano un lavoro come guardia carceraria. Viene assegnato tra il 1943 e il 1944 alla sezione dei detenuti ebrei di San Vittore, gestita direttamente dalle SS. Tra giugno e luglio del 1944 i tedeschi trovano un ossicino di pollo in una cella del V raggio, occupata da una famiglia di ebrei, ed ovviamente risalgono subito a lui.
Andrea Schivo viene subito arrestato, detenuto per qualche tempo a San Vittore, nella cella 108, deportato prima nel lager di Bolzano e poi nel campo di concentramento di Flossenbürg. "Dietro ogni sampietrino c’è una memoria individuale che deve essere recuperata", aggiunge Benini che In “Pietre d’Inciampo” conduce il pubblico in un racconto intimo. Sei storie, da 25 minuti, ambientate non solo a Milano, ma anche a Livorno, Viterbo, Roma e Napoli. Ripercorrendo i luoghi diventati simbolo della follia nazifascista, come il campo di Fossoli (MO), il Binario 21 della Stazione Centrale, oggi Memoriale della Shoah, il carcere di San Vittore, le strade del ghetto ebraico di Roma. Da vedere.