Allevi, la malattia e la forza di volontà: “Con la musica annego il dolore e vivo il presente”

Il compositore e le date milanesi già sold-out fino all’anno prossimo. "Con il pubblico è bellissimo". I lunghi mesi di ospedale e la voglia di ritornare: "Abbiamo bisogno di tenerezza per ripartire"

Giovanni Allevi al pianoforte. Esaurita anche la replica del 13 maggio

Giovanni Allevi al pianoforte. Esaurita anche la replica del 13 maggio

La lucertola, il gamberetto, l’isola misteriosa. Il mondo di Giovanni Allevi è stato popolato in questi anni di personaggi, luoghi e situazioni bizzarre figlie più del bambino mai cresciuto con cui convive la sua musica che del concertista amato da torme di fans. Ma il mieloma multiplo che gli ha cambiato la vita negli ultimi due anni no, quello non è un rigurgito della fantasia che gli guida la mano sulla tastiera del pianoforte, come non lo è stato il lancinante addio alla sorella maggiore Maria Stella, fuggita senza avvisare una mattina d’estate lasciandolo solo col suo dolore e le sue sedute di chemioterapia.

Mostri più spaventosi di quelli che da piccolo vedeva riflessi nel fondo delle sue paure con cui il pianista ascolano trapiantato a Porta Genova prova a convivere nel tour che lo vede in scena stasera al Dal Verme per il primo dei tre concerti milanesi inseriti in un’agenda all’insegna del sold-out. Esaurita pure la replica del 13 maggio, infatti, rimangono biglietti per quella del 2 febbraio 2025. Ma all’inizio del prossimo anno Allevi è atteso da un vero tour de force lombardo che lo vede in scena pure al Ponchielli di Cremona l’11 gennaio, al Donizetti di Bergamo il 15, al Gran Morato di Brescia il 18 e al Galleria di Legnano il 25. "Durante le prime date a Pescara, Brescia e Padova mi sono trovato a fare i conti con problemi di sensibilità alle dita e un tremore che mi sono passati però a Roma, quando mi sono lasciato andare all’abbraccio del pubblico. Ed è stato bellissimo", racconta Allevi.

“A metà del concerto è arrivato un terribile mal di schiena, ma sono riuscito ad ‘annegarlo nella musica’ tanto metaforicamente che fisicamente, perché il piano gran coda da concerto assorbe tutta la mia energia trasformandosi in una specie di materasso morbidissimo su cui si sciolgono pure le contratture dei muscoli paravertebrali".

Giovanni giura che l’esperienza della malattia l’ha reso una persona diversa, portata molto più di prima a cogliere i doni che la vita gli offre. "Se non c’è più certezza del futuro, bisogna vivere più intensamente il presente", ammette il compositore. "Non si contano le albe e i tramonti che ho ammirato da quelle stanze d’ospedale. Mi sono accorto che il rosso dell’alba è diverso da quello del tramonto. E che il levarsi del sole è accompagnato da una incantevole sfumatura violacea. Quando ho affrontato concretamente l’ipotesi di una possibile fine, s’è impossessata dei miei pensieri la grande speranza – o grande illusione – dell’immortalità dell’anima. Mi è tornato alla mente il Kant de ‘La critica della ragion pratica’ e la sua intuizione che nella profondità del nostro essere c’è qualcosa di bello e di buono capace di precedere e trascendere il giudizio esterno. Nel mio caso, direi, pure il dolore fisico".

Corpo e volontà. Ma anche dolcezza verso se stessi. "Come dicono qui a Milano all’Istituto Tumori, abbiamo bisogno di tenerezza per iniziare una nuova era. Anzi, di tenerezza e gratitudine. La gratitudine è un sentimento di ammirazione per la meraviglia di un mondo verso cui non abbiamo più pretese, ma solo desiderio di contemplarne tutta la bellezza. Tenerezza e gratitudine, dunque, ma anche riconoscenza per il lavoro degli altri perché, se non fosse stato per i medici e il personale ospedaliero che m’ha seguito, oggi non sarei sul palco".

E poi c’è quel senso di riconoscenza per il calore umano infuso dagli altri pazienti. "A qualcuno la parola ‘guerrieri’ non piace, ma parlando di loro non riesco a trovarne un’altra", ammette Giovanni Allevi. Concetto ribadito durante la malattia pure in un post scritto dall’ospedale. "Giulio Cesare dice che è più facile trovare uomini disposti a morire che trovare quelli disposti a sopportare il dolore con pazienza. Beh, Giulio, io continuo a vivere, e siamo in tanti, molti di più di quanto immagini!".

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