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"Vivere a Milano da 75 anni: Lambrate, un posto a misura d'uomo"

Gianni Arduini, 75 anni, vive a Lambrate da sempre. Ricorda con malinconia la moglie scomparsa, i figli cresciuti e il lavoro come designer. Un quartiere a misura d'uomo, anche se i prezzi delle case sono aumentati.

"Vivere a Milano da 75 anni: Lambrate, un posto a misura d'uomo"

"Io vivo qui da 75 anni. Nato in via Conte Rosso, sono cresciuto nella stessa via. Mi sono spostato solo quattro numeri civici più in là". Non riuscirebbe neppure a immaginare una vita lontana dal suo quartiere: Lambrate. Che ritiene a misura d’uomo anche adesso, nella settimana di Ferragosto, in cui è difficile trovare un’attività commerciale aperta soprattutto nella “parte vecchia“ del quartiere. Si chiama Gianni Arduini ed è nato il 1° settembre del 1948. Tra le memorie storiche della zona. Il suo luogo del cuore? "Il Circolo Acli di via Conte Rosso. L’ho sempre frequentato e non potrò mai dimenticarlo perché a una gita organizzata proprio dal circolo ho conosciuto Manuela, la ragazza che poi sarebbe diventata mia moglie. Era del quartiere Ortica. Non ricordo la meta, solo lei e la magia di quella giornata". Con un po’ di malinconia, perché "anche lei, ora, vive nei miei ricordi. Se n’è andata da tanto tempo. Insieme abbiamo cresciuto due figli". Entra nel portone al civico 22, mostra il giardino "che è come un’oasi in mezzo ai palazzi" e l’ufficio-laboratorio che sta allestendo al piano terra. "Lavoro come designer", spiega. "E vivo di sopra. Ho unito casa e bottega". Quel che più gli piace del quartiere "è il fatto che sia rimasto a misura d’uomo nonostante il passare dei decenni. Ho i miei punti di riferimento, i miei amici d’infanzia che sono rimasti qui, come me. Non me ne andrei mai". Unica pecca: "I prezzi delle case sono aumentati. Molti giovani, che avrebbero voluto restare nel quartiere, sono dovuti andar via. E poi è anche difficile trovare appartamenti liberi".

Nella vita non è stato sempre designer, "lavoravo come contabile in un’azienda. Negli anni Sessanta compravo Il Giorno e lo portavo arrotolato in ufficio per nasconderlo, perché era considerato un giornale alternativo, dissacrante, poco conforme all’ambiente in cui lavoravo. Piaceva però in famiglia". Anche alla mamma Regina, "che lavorava nella panetteria di via Conte Rosso, ora sede di un centro sociale. Da allora, tanto è cambiato".

M.V.